È impossibile nascondere la gravità della crisi climatica. Ma come possiamo affrontarla senza il catastrofismo acchiappa click, il rischio che si faccia ricadere tutto sul singolo cittadino e la narrazione unica che non aiutano a pensare? Di certo, scrive Sara Gandini, dobbiamo evitare le trappole della politica emergenziale – per dirla con Naomi Klein, la shock economy – che abbiamo conosciuto con la pandemia: “Sappiamo bene che la politica emergenziale è decisamente funzionale a reggere l’insensatezza del regime capitalista che alimenta diseguaglianze sociali mentre noi ci scontriamo sui social…”. Questo deve essere il tempo del conflitto e dell’ascolto
In un sol giorno ho avuto l’auto distrutta da un albero e la casa di mia madre scoperchiata. Nessuno mette in dubbio che la situazione climatica sia grave, così come nessuno può mettere in discussione che la sarscov2 nel 2020 abbia messo in crisi gli ospedali. Il punto su cui ragionare però a mio parere non è tanto se la causa sia l’uomo, così come mi interessava meno capire l’origine del virus. La questione cruciale è come affrontare questi eventi e per farlo bisogna discutere senza dogmi, faide e moralismi.
Mi piacerebbe ricominciare a discutere evitando di banalizzare il punto di vista di chi porta dubbi, perché problematizzare non vuol dire negare la crisi ma pretendere ragionamenti seri ed evitare le drammatizzazioni e il catastrofismo acchiappa click, che non aiutano a pensare. Il punto a mio parere è che, come durante la pandemia, si preferisce colpevolizzare i cittadini senza andare alla radice degli eventi che stanno capitando. Se qualcuno si ammala oramai viene quasi dato per scontato che la colpa sia del suo modo di vivere e non della società in cui vive e delle decisioni politiche che per esempio hanno portato la sanità allo sfascio.
Io penso che, come durante la covid-19, sia necessario allargare il quadro e andare alle ragioni economiche prima di tutto e agli interessi in gioco, altrimenti passeremo da una emergenza all’altra, come stiamo facendo da anni oramai. E sappiamo bene che la politica emergenziale è decisamente funzionale a reggere l’insensatezza del regime capitalista che alimenta diseguaglianze sociali mentre noi ci scontriamo sui social…
Come epidemiologa da sempre lavoro sulla prevenzione primaria e so l’importanza di uno stile di vita sano, così come l’importanza di vivere in un ambiente sano, ma sappiamo pure quanto il green deal possa diventare l’ennesimo business, l’ennesima occasione di dar fiato ad una economia in crisi facendo gli interessi di pochi e creando di fatto povertà. La gestione della pandemia ha portato a questo e ora è sotto gli occhi di tutti.
Sapevamo che dopo la pandemia e dopo la guerra l’emergenza sarebbe stata quella per il clima. Questo vuol dire che non ci sia un cambiamento climatico in atto? No. Ma che le emergenze siano una grande occasione di business ce l’ha insegnato parecchio tempo fa la Klein con il suo Shock economy.
Quindi chiedo di smetterla con le curve che dimostrerebbero questo o quello. Da epidemiologa/biostatistica amo le curve e i grafici ma so anche quanto possano essere fuorvianti. Vorrei meno grafici e verità assolute e più ragionamenti in uno scambio aperto su come ripensare la nostra economia e la politica. Perché non è accettabile che di nuovo si faccia ricadere sul singolo cittadino la responsabilità di quello che sta accadendo, come durante la pandemia. È necessario confliggere ma stando in ascolto. Mi dispiace per chi la pensa diversamente ma parole come “negazionista” non sono accettabili per via del rimando simbolicamente violento che hanno. Così come chiedo di evitare attacchi personali e polemiche sterili.
Cerchiamo di andare alle questioni politiche in gioco, perché farlo non vuol certo dire essere complottisti ma semplicemente esseri pensanti. Non è accettabile che a distanza di tre anni ritorni la stessa violenza della pandemia, con gli argomenti tabù e i giornali che denigrano chi vuole discutere. C’è assoluto bisogno di ripensare la politica e le sue pratiche, partendo dalla pratica del conflitto. Questa modalità di scontro mostra da una parte il senso di impotenza, a cui non dobbiamo rassegnarci, ma dall’altra è indice anche di un certo nervosismo nei media mainstream: la gente dà sempre meno credito alla narrazione unica ed è stanca di politici che non sono in grado di fare cambiamenti significativi perché le decisioni si prendono altrove. Da qui bisogna ripartire.
Patrizia dice
Grazie per l’analisi che qui esponi, riconosco che siamo una società in cui con facilità si addossano colpe e si ignorano dati di fatto oggettivi. La conclusione che il conflitto tra parti contrastanti sia una prospettiva auspicabile, peró non mi trova d’accordo. Non essere d’accordo non implica necessariamente l’azione di confliggere si può scegliere di agire secondo i propri principi e le proprie idee, senza cercare lo scontro se non necessario, dialogando se possibile.
Giuseppe Tecleme dice
Non condivido l’affermazione: “Il punto su cui ragionare … non è tanto se la causa sia l’uomo … La questione cruciale è come affrontare questi eventi”. In questo caso è determinante individuare la causa, che secondo la comunità dei climatologi sta nell’impiego dei combustibili fossili, per chiedere una cessazione del loro uso la più veloce possibile. Non un lento e progressivo cambiamento ma un velocissimo switch da una tecnologia all’altra perchè i tempi che abbiamo a disposizione, sempre secondo la comunità dei climatologi, sono strettissimi. Certamente le emergenze non sono il momento migliore per ottenere soluzioni eque ma questa è un’emergenza REALE, GRAVISSIMA, VELOCISSIMA nel suo decorso. Solo una rapida decarbonizzazione potrà, si badi bene, non risolvere il cambiamento già in atto ma fermarne la corsa. Questa è quella che impropriamente viene chiamata “mitigazione” e per la sua grande velocità (peraltro già in atto) vedrà inevitabilmente il protagonismo delle multinazionali nell’ambito dell’eolico, del solare, degli accumuli. Per quanto riguarda invece il cosiddetto “adattamento”, basato su soluzioni a tutte le scale e soprattutto a quella locale, e che può essere un’azione estesa nel tempo, ci sono molti più margini per una gestione democratica.
Giorgio Necchia dice
Il parallelismo con il Covid-19 è assolutamente fuorviante. Il cambiamento climatico ha delle cause che oramai sono riconosciute dai più: l’aumento di CO2 a seguito del'(ab)uso dell’energia fossile. Il dibattito politico riguarda le cause di queso aumento e c’è chi nega cche ciò sia dovuto alla mano dell’uomo (Le lobby interessate, soprattuto, e i loro servi politici). Individuarne le cause (a mio avviso, esito dello sviluppo capitalista – capitolocene più che antropocene) è il punto da cui partire. E qui sta la differenza con il Covid-19, la cui causa poteva essere indipendente dagli effetti. Non è così per cambiamento climatico. A io parere, c’è un po’ di confusione e contraddizione nell’articolo.
Cristina Morini dice
Con tutta la stima per Sara Gandini, trovo questo articolo un po’ confuso. Le cause innanzitutto esistono e le conosciamo: le grandi multinazionali che sfruttano vite e ambiente. Inoltre, un conto è nominare il dispositivo emergenziale e quello di responsabilizzazione individuale che viene fatto scattare dal potere economico proprio per distogliere l’attenzione dalle suddette cause. Un dispositivo di governo, si direbbe, come denunciato dal famoso libro di Naomi Klein. Rilanciato dai media e dalle onde emotive dei social (e sul cercare click, la questione vale per molti e molte). Un altro è denunciare i rischi, dunque la condizione di limite che stiamo già affrontando proprio perché gli interessi del capitalismo (non del singolo essere umano) trascendono ogni rispetto per le esistenze. “Il capitale distrugge anche sé stesso”. E chi denuncia è oggi, non a caso, spesso, oggetto di pesanti repressioni. Per fare un esempio diverso dalla crisi climatica: l’infinita crisi economica, la trappola della precarietà sono generate in modo da poter avere maggiore controllo sulle possibilità di scelta delle persone e sulle possibilità di reazione. Dunque per arrivare alle conclusioni: non credo certo a un disegno preciso, il capitalismo non ha un disegno se non quello di allargare a dismisura i profitti… ma certo ogni elemento converge per rendere più complessa una risposta politica, un’azione politica. Senza la diffusa, capillare, consapevolezza delle cause e degli effetti non si può continuare a evocare “la politica”. La politica nasce da una dialettica, rubando la frase a Maria Luisa Boccia, tra assoggettamento e soggettivazione. Se non c’è consapevolezza dei responsabili reali (le cause, gli interessi) dell’assoggettamento attuale (corpi, ambiente, lavoro, riproduzione sociale) è difficile ci sia soggettivazione. Dunque che ci sia politica.
Carlo dice
Sono d’accordo con te.
Maria Grazia Campari dice
Mi pare che viviamo in un periodo di passività rancorosa. Sono, quindi, convinta che la ricerca e la conoscenza delle cause dei fenomeni siano un tentativo utile di risvegliarsi dal torpore. Questo capitalismo che rapina i poveri e arricchisce i mercanti di morte, provoca anche contemporaneamente disastri ambientali. Conoscere meglio serve ad agire meglio per sovvertire la situazione.
GIORGIO DAL FIUME dice
Articolo del tutto confuso ed inconcludente questo di Sara Gandini, che non si capisce dove voglia andare a parare e di cosa esattamente parli. Inoltre sono in pieno disaccordo con la frase “Il punto su cui ragionare … non è tanto se la causa sia l’uomo … La questione cruciale è come affrontare questi eventi”: per affrontare gli eventi in modo efficace è fondamentale capirne la causa. E difatti è proprio su ciò che verte il conflitto tra che vuole affrontarlo agendo sul modello di sviluppo insostenibile che l’ha causato, e chi (i “negazionisti” appunto, termine che a differenza della Gandini trovo assolutamente appropriato) invece lo assolve parlando di fenomeno “naturale” e ricorrente.
Bernardo dice
Totalmente d’accordo con Gandini. Tutti a criticarla, ovviamente, perché non accetta di porre la questione in termini religiosi, e prova a fare un passo successivo. Passo che la platea media di comune-info non è evidentemente in grado di fare.
Nadia dice
Sono in disaccordo con questo articolo su più punti. Mi limito ad un primo punto dove Gandini scrive a proposito delle crisi climatica, pandemica:”Il punto su come ragionare NON È tanto se la causa è l’uomo …..ecc”.
Ovviamente identificare le cause di una crisi – non ha lo scopo di “dogmi”, moralismi ” – Ovviamente IDENTIFICARE LE CAUSE di una crisi è il necessario inizio del percorso per affrontare la crisi. Non occorre un genio per aggiungere che non potrà essere CONTINUARE A FARE LE STESSE COSE CHE HANNO CAUSATO LA CRISI CHE POTRANNO ESSERE UTILI PER AFFRONTARLA – tipo continuare ad espandere l’economia FOSSILE