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Il cambiamento avviene

Johan Galtung
29 Gennaio 2013
I cavalli concimavano i campi che aravano; le auto inquinano l’aria che respiriamo. I cavalli si riproducono da sé; le auto hanno bisogno di enormi industrie e officine, con tanto di rottami e inquinamento. Le auto, inoltre, occupano troppo spazio, consumano troppe risorse e uccidono persone. I cavalli oppure le bici non fanno nulla del genere. I cavalli hanno perfino l’amicizia nei loro occhi. Ma il mito della tecnologia sempre buona resiste. Tuttavia, siamo a un crocevia: l’inganno della tecnologia occidentale non sarà eterno: siamo stati trasformati da cavalleggeri in autisti ma soprattutto spettatori. Cerchiamo altre soluzioni
Johan Galtung

Un secolo fa l’umanità, particolarmente in Occidente, era all’inizio di una grande rivoluzione, dalla cultura del cavallo a quella dell’automobile. Oggi ci sono ancora (Fao-Organizzazione per il cibo e l’agricoltura dell’Onu, 2008) 59 milioni di cavalli, ma (2010) più di un miliardo di auto (nel 1986 solo la metà). In altre parti del mondo, come in Giappone e Cina, c’è stata una rivoluzione verso le auto, ma partendo dalle biciclette – Pechino è passata da 6 milioni di bici a 4 milioni di auto nel giro di 20 anni, solo dal 1990. Il Giappone ha avuto uno stadio intermedio a motorette – come in India, Sud-est Asiatico – non tanto in Cina.

Immaginiamo il XIX secolo in Occidente: cavalli dappertutto. Un animale fantastico: addomesticabile, riproducibile – mettendo insieme due cavalli, con le auto non funziona – aspettativa di vita di 25-30 anni, ben più che per le auto, ideale per il trasporto di persone e merci, e come trattore per aratri e così via. Allora si sapeva cavalcare come oggi si guida. E i cavalli  accondiscendevano, camminando a circa 6 Km/h, trottando a 13-19 Km/h, e galoppando a 40-48 Km/h; certo per brevi periodi, ma all’occorrenza erano pronti ricambi, come per gli espressi postali.

I cavalli, pur molto vulnerabili, potevano servire gli uomini addirittura in guerra. Quando due manciate di spagnoli brutali conquistarono gli imperi Azteco e Inca, un fattore furono certo i cannoni, ma i cavalli un altro – gli Inca avevano solo lama – come indicato da Jared Diamond nel suo libro Armi, acciao, e malattie (Einaudi, Torino 1998) che immette la geografia nella storia (v. capitolo 18).

Inoltre, i cavalli potevano anche soddisfare le esigenze di classe essendo di vari tipi e livelli; purosangue per persone di sangue blu, ecc. Si nutrivano d’acqua e fieno come le auto di benzina e olio. Avevano bisogno di qualche strofinata la domenica mattina, come le auto. Il passo mentale dal carro all’auto era breve, e il passo per mettere il cavallo nel veicolo per ottenerne potenza, non tanto di più; misuriamo la potenza di un veicolo in “cavalli-vapore” (1 CV=746 watt).

Tutta una cultura naturale basata su quattro zampe che abbandona la scena, una nuova tecno-cultura basata su quattro ruote che la sostituisce. Per il meglio? Per il peggio? E perché?

I cavalli concimavano i campi che aravano; le auto inquinano l’aria che respiriamo. I cavalli si riproducono da sé; le auto hanno bisogno di enormi industrie, fabbriche e officine, con tanto di rottami e inquinamento.

Ma le auto sono immensamente versatili e pratiche. Pochi, se non nessuno, avevano programmato questa rivoluzione dell’automobile – veicolo semovente – , ma se ne sono appropriati: Benz e Daimler, il signor Olds con la sua Oldsmobile, e il signor Ford con la sua T. Come i cavalli, le auto si possono usare per sport, tempo libero e svago; e quel che sanno fare i cavalli ma non le auto, la gente lo fa dentro le auto; con l’aggiunta di una rivoluzione sessuale.

Tutta questa rivoluzione fu indotta dalla tecnologia. Ci furono certo geni inventori ma la “tecnologia” è un sistema con componenti umane e non umane, compreso il capitale, e una forza possente per produrre il cambiamento.

E questo ci fa porre una semplice domanda: i cavalli furono sostituiti dalle auto; quanto dureranno le auto, quale tecnologia le sostituirà? Risposta: sta già avvenendo. Abbiamo la globalizzazione e la localizzazione: più produzione locale, meno trasporti. Ma è possibile con la dotazione difforme di risorse al mondo? Sì. La tecnologia può essere trasferita a qualunque profilo di risorsa. E in quanto alla trazione per l’aratura e il raccolto, trasformando la natura in una fabbrica di allevamenti come linee di montaggio, a costi enormi in parassiti e pesticidi, inquinamento ed esaurimento? Un’agricoltura in partenariato con la natura, a maggiore intensità di mano d’opera, può anche evolvere con meno trazione.

E le persone? Vogliamo poterci muovere. Sì, ma il telefono ci ha dato una sincronia di voci a distanza e Skype aggiunge una sincronia visiva. Le conferenze diventano teleconferenze. I film, la Tv ci danno una sincronia di spazio; siamo dove vediamo. D’accordo, non ci sono sensazioni tattili, ma un giorno possono arrivare anche quelle. Meno movimento fisico basato sulla combustione o motori elettrici e più movimenti immaginari basati sull’elettronica, e siamo già ben dentro a quella rivoluzione.

Predizione: il numero di auto arriverà a un massimo, anche piuttosto presto; occupano troppo spazio, inquinano e consumano troppe risorse. Inoltre, sono troppo pericolose: uccidono persone, distruggono altre auto; e fanno danni a tutti e due. I cavalli non facevano niente del genere; avevano riconoscimento e amicizia nei loro occhi.

“I fabbricanti d’auto mirano a escludere gli automobilisti dall’equazione” (International Herald Tribune, 12/13-01-2013) “una serie di sensori ottici e radar ormai sorvegliano le immediate vicinanze di un numero crescente di auto sulle strade Usa” e “rallentano e fermano l’auto”. Perché? Probabilmente meno per risparmiare autisti e pedoni che per risparmiare le auto stesse e le loro industrie da alternative come le biciclette – e i cavalli. È meglio avere autisti col servo-pilota che automobiline stile Tivoli, sicure ed economiche, imbottite, con cinture di caucciù.

I diritti umani prevalgono sui diritti delle auto nelle strade solo pedonali, e le auto vengono posteggiate sottoterra. Ma ci sono pochi o nessun appello per i cavalli; dove siete quando abbiamo bisogno di voi?

Poiché il cambiamento occidentale è sospinto dalla tecnologia, una tecnologia può solo cedere terreno a un’altra tecnologia; sempre in agguato per una soluzione tecnica. Basano la guerra sulla tecnologia con sempre nuove armi. Se la pace avesse una tecnologia, l’Occidente ne sarebbe stato alla guida; invece usano una tecnologia bellica, chiamandola “sicurezza”. Non porta da nessuna parte.

Come spesso è stato fatto notare, la natura delle zone temperate ha costretto i cacciatori-raccoglitori ad addomesticare piante e animali rendendoli così specialisti di natura, scienza e tecnologia. La natura delle zone tropicali era così generosa per i cacciatori-raccoglitori che essi svilupparono società sempre più complesse; ultra-stabili come in India (caste), o dinamiche come in Cina (dinastie). Così, invece, forse divennero specialisti del trascendentale e del sociale, grazie a cosmologie complesse (buddhismo, taoismo) rispetto alla semplicità dell’abramismo, con perfino il mistero del Cristo trasformato dalle chiese in tecnologia della salvezza?

Dal 1970 al 2010 la quota Usa di iscrizioni universitarie su base mondiale è calata dal 26 al 12% mentre la quota cinese è salita da 0 al 18%. La Cina insegna tecnologia occidentale, ma gli Usa insegnano cultura cinese?

Siamo a un crocevia. L’inganno della tecnologia occidentale si espande avidamente ovunque. La saggezza orientale no; può essere perfino in declino. Al tempo stesso, gli umani vengono trasformati da cavalleggeri in autisti e in spettatori. Qualche soluzione?

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

Titolo originale: Change Happens – But How, Why, When, Where?

Fonte Transcend.org

Comments

  1. mentalna aritmetika says

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    Rispondi
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