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Quelli mi fanno arrabbiare

Alessandro Ghebreigziabiher
07 Dicembre 2022

C’era una volta un uomo, il classico cittadino medio che ha un’opinione su tutto e su tutti. Aveva nel tempo alimentato e accresciuto un odio viscerale nei confronti degli immigrati, soprattutto quelli africani. Così pregò, implorò divinità buone o cattive, ululò alla luna e urlò alle stelle, e infine qualcuno rispose. “Dimmi” disse una voce nel buio della sua stanza proprio la vigilia di Natale. “Come posso aiutarti?”… Un racconto di Alessandro Ghebreigziabiher in cui, alla fine, ma poprio alla fine, la pacchia finisce davvero

C’era una volta un uomo. Un uomo comune, niente di particolarmente originale o eccentrico. Il classico cittadino medio che ha un’opinione su tutto e tutti, estremamente condivisa dai più, soprattutto laddove si illuda di essere impopolare, anti sistema, anti politica e contro il pensiero unico.
L’uomo comune, tutt’altro che speciale nel suo genere, viveva solo in una casa solitaria, seppur ammobiliata a dovere e dotata di tutti i comfort, in una località altrettanto isolata dal resto del mondo.
Nondimeno, trattasi di dettaglio trascurabile da quando internet – ma tu leggi pure i social network per coloro che non ci riescono proprio a scorgere la differenza – ha ormai raggiunto anche i luoghi più alienati dai rumori delle più affollate comunità.
Dal suo punto di vista, il nostro si sentiva assolutamente dentro il mondo. Gli bastava accendere il cellulare, ancora prima che il computer o la tv, e le risposte di cui aveva bisogno, senza neppure prendersi la briga di conoscerne le domande, giungevano direttamente nella sua pancia dalla bacheca virtuale senza passare dal cervello, oltre che dal via.
Così, come molti della sua specie, l’uomo aveva nel tempo sviluppato, alimentato e accresciuto un odio viscerale nei confronti degli immigrati, soprattutto quelli africani.
Ora, come s’è detto, viveva solo, in una casa e un paesino ugualmente isolati. Indi per cui, oltre che tramite immagini e video, davvero di rado aveva incontrato nella sua vita una persona migrante, proveniente dall’Africa o meno. Ma il risultato era lo stesso, alla stregua di una quantità straordinaria di simil creature alla disperata ricerca di un nemico da detestare, meglio se immaginario, giacché il delirio può avere una data di scadenza illimitata finché rimanga tale.
Tuttavia, non è affatto facile vivere a lungo con la rabbia nel cuore, soprattutto non potendo sfogarla realmente, ma soltanto vomitando bile e veleno nella fogna dei commenti sul web.
L’uomo pregò, quindi. Implorò divinità buone o cattive, ululò alla luna e urlò alle stelle, e infine qualcuno rispose.
“Dimmi” disse una voce nel buio della sua stanza proprio la vigilia di Natale. “Come posso aiutarti?”
Il protagonista di questo breve racconto era talmente ansioso di liberarsi di quel peso che mise da parte ogni scampolo di razionalità ed espresse il suo desiderio: “Voglio che i migranti africani non esistano più.”
“Perché?”
“Perché mi fanno tanto arrabbiare.”
“Non posso farlo, non mi è possibile eliminare le persone dalla faccia dalla terra. Questo lo fate già voi e anche con grande professionalità. Ciò che sono in grado di fare è cambiare le vostre scelte passate, cosa che voi non potete. Quindi, se ti può interessare, farò in modo che i migranti africani non avranno alcuna voglia o ragione di arrivare sulle vostre coste o i vostri confini. Che ne dici? È un po’ come cancellarli dalla tua vita, non credi?”
L’uomo trovò ragionevole la proposta e accettò, e allora la voce nell’oscurità gli promise che al risveglio il suo desiderio sarebbe stato esaudito.
All’indomani, intorno all’alba, l’uomo si svegliò tutto infreddolito e rattrappito nel suo letto. La casa e tutto ciò di cui era fatta erano scomparsi, così come la sua auto e anche la bici che teneva nel ripostiglio, perché pure quest’ultimo si era dissolto.
Come un matto, a rischio di morire assiderato balzò giù dal letto per cercare la sua cassaforte, dove teneva preziosi e roba di valore. Ma se era scomparsa la casa così era stato per tutte le stanze e ciò che contenevano. Con il cuore che batteva impazzito tornò sui suoi passi per chiamare qualcuno, la forza pubblica o roba simile, ma il comodino era assente, così come il cellulare, lo stesso per il computer, la tv a schermo piatto, tutti gli elettrodomestici, l’impianto elettrico e soprattutto quello di riscaldamento o rinfrescamento a seconda delle stagioni o mezze tali.
L’uomo era solo e stavolta la cosa era da prendere straordinariamente alla lettera.
Così, pregò a squarciagola gli dei benigni e quelli malvagi, berciò alla luna malgrado fosse andata da tempo a riposare, si lamentò con le stelle ovunque si trovassero, e alla fine la voce rispose dal nulla: “Dimmi, amico, come posso aiutarti?”
“Dimmi tu!” gridò l’uomo. “Dove sono finite la mia casa e le mie cose?”
“La tua casa e le tue cose? Io ho esaudito il tuo desiderio. Ho fatto sì che i migranti africani non abbiano più alcuna voglia o motivi per venire da voi. Ma come credi che avresti potuto avere tutto ciò che avevi se le vostre nazioni non avessero saccheggiato il continente africano nei secoli passati sino a ora? Petrolio e gas, metalli e minerali di ogni tipo, oro e diamanti, per non parlare dei profitti del traffico e dello sfruttamento di esseri umani, schiavi ieri, schiavi oggi. Grazie alla tua richiesta, l’Africa non è più solo una terra piena di ricchezza ma è anche un continente ricco. Diciamo pure il più ricco. Mi dispiace per te, dico per dire, ma la pacchia è finita.”
E fu così che l’uomo iniziò sul serio e con tangibili motivi a essere arrabbiato con i migranti africani…

fonte: Storie e Notizie n. 2091

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Comments

  1. Ed says

    12 Dicembre 2022 at 17:53

    Un acuta e attuale rivisitazione del Canto di Natale di Charles Dickens.A me piace.

    Rispondi
  2. Peppe says

    15 Dicembre 2022 at 10:23

    una fiaba moderna adatta a correggere l’uso improprio e sbagliato di chi usa la parola pacchia con disinvoltura. Bravo e complimenti Alessandro.

    Rispondi

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