I compiti delle vacanze servono a rassicurare gli adulti. Non servono ai bambini e alle bambine. Non si può perdere il sapere acquisito in un tempo così breve. Di solito, il momento dei compiti, per molti bambin* è tempo di ansie, litigate furiose e crisi. “Tu non sei la mia maestra!”. E quando li correggi, insistono a fare di testa loro. In affetti, i genitori sono genitori.
Quello che manca ai nostri figl* sono le esperienze, soprattutto dopo il tempo della pandemia. Non sanno più fare da soli, non sanno vivere lo spazio creativo della noia, non sanno più dedicarsi a un’attività ludica per un tempo lungo, a volte non sanno più come si gioca. Eppure è attraverso il tempo del gioco che imparano: a costruire, a risolvere problemi, a trovare strategie, a usare il potere dell’immaginazione, a farsi domande e trovare risposte.
L’esercizio della libertà del gioco è utile per bastare a sé stessi, per colmare i vuoti; e se ci sono amici in giro, per cedere o mediare oppure imparare a risolvere conflitti.
Caricare di compiti vuol dire scaricare sulla famiglia apprendimenti che dovevano essere acquisiti a scuola. E chi non ha sostegno? Chi non ha la famiglia che lo segue come fa?
Ecco, i compiti, casomai dovrebbero essere esercizi di autonomia, su azioni conosciute in cui ogni bambin* può procedere da sol*. Operazioni concrete: fare la spesa, preparare una torta, mettere tavola… vestirsi e svestirsi, perché alcun* chiedono aiuto anche per togliersi la felpa o allacciarsi le scarpe. Si sentono incapaci di fare da soli in una dipendenza con l’adulto che è il peggior apprendimento.
Si pensa che le competenze si raggiungano solo sulla pagina di un libro delle vacanze o su un quaderno, invece, senza alcune autonomie alla prima folata di vento, sono quelle che vengono spazzate via. È competenza saper stare con gli altri, saper stare senza gli altri, occuparsi di sé e della propria igiene, fare e disfare castelli di sabbia, torri di lego… Il gioco simbolico (senza gli adulti che mi facilitano ogni azione), è competenza; sapersi fare domande è competenza.
Se proprio siete in ansia sulla prestazione vi do un consiglio banale ma forse il più prezioso: leggere ai vostr* bambin*, leggere storie, continuate a leggergli con ostinazione. Farlo entrare nel mondo delle storie vuol dire sviluppare il pensiero, ampliare le conoscenze linguistiche ma non solo. Imparano e tanto, e se non leggono da soli, se non mollate, prima o poi, vorranno imitarvi. Ecco, questo è l’unico vero consiglio che mi sento di darvi.
Per il resto non vi preoccupate, cercate di stare bene con i vostr* bambin* e, come sempre, se state bene voi. Se non vi fate prendere dall’ansia di avere dei figl* performanti staranno bene, perché è solo dentro al benessere che s’impara. È solo dentro al benessere di tutti – anche vostro – che cresceranno davvero.
Cinzia Pennati (Penny) è insegnante, scrittrice e madre di due ragazze adolescenti, tra le quali Ludovica, l’autrice del disegno. Questo il suo blog sosdonne.com. Nelle librerie il suo La scuola è di tutti. Le avventure di una classe straordinariamente normale.
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walter dice
salve, io insegno in un liceo scientifico, matematica e fisica, e ho una figlia di 16 anni; i compiti servono moltissimo, purtroppo; infatti (per il 90% degli adolescenti) l’alternativa ai compiti non è giocare, camminare, leggere, disegnare, guardare il cielo; l’alternativa è lo smartphone o altro strumento analogo (e un’ora di tik tok, a mio parere, brucia 5 ore di attività cerebrale costruttiva), oppure attività organizzate (eventualmente dai genitori); i compiti che do io comprendono anche mostre, passeggiate, ascolti di musica ben individuati e altre bellissime attività; infine, è vero che se c’è una famiglia che “aiuta” si parte avvantaggiati; il primo passo per cambiare “sistema” sarebbe quello di dare così tanta forza alla scuola pubblica da ridurre appunto le differenze in partenza (ed è per questo che il “sistema” vuole distruggere la scuola pubblica).