Alle molteplici e profonde crisi planetarie in corso – climatica, economico finanziaria, politico sociale e sanitaria – nelle ultime settimane, con la crisi ucraina, si è affiancata, come se nulla fosse, quella di una nuova guerra globale. La radice storica di quanto accade, scrive Rosario Grillo, affonda nel periodo in cui si è affermato il “crogiuòlo degli ismi”, l’insieme di visioni e di pratiche che si riempiono di “colore assoluto“: “Il crogiuòlo, condivido con Bifo (Un concerto di cigni starnazzanti e neri), è nel primo novecento, nella crisi bellica…”, ma anche nelle successive illusioni istituzionali riguardanti l’Onu, che mai si è rivelata capace di contrastare le spinte alla feroce competizione e quelle dell’imperialismo

I bambini amano sempre rompere i loro giocattoli per la ragione che provano a capire il meccanismo che li anima; in definitiva, il come sono stati fatti. Si nasconde, dentro questo modo di fare, il metodo di indagine del conoscere: scendere alle cause, distinguere gli elementi e capire il loro assemblaggio. Nel corso del nostro cammino intellettuale, parecchi pensatori hanno riconosciuto la natura meccanica di tanti artefatti prodotti dall’ingegno umano. In essi l’uomo è intervenuto o con la fantasia della sua creatività o attraverso l’imitazione della natura, dei corpi che in natura si trovano. Nihil novi, perché, anche oggi, nella cibernetica ci atteggiamo allo stesso modo.
La premessa serve per illustrare la natura derivata, tecnico-umanistica, dei corpi istituzionali fino al vertice dello Stato. Già Machiavelli diede il destro perché l’inglese Hobbes, a piene lettere, mettesse in evidenza la corporatura artificiale dello Stato moderno. Sono subito tentato, con lui, di riconoscerne la natura “leviatana“, onde mettere in chiaro le luci e le ombre del “meccano“ che si è creato(1). Da ogni parte sento risuonare gli echi delle implicazioni molteplici e multiformi che si accavallano nell’oggetto in considerazione. Abbiamo immesso nel corpo politico l’alito della libertà, ma ci siamo fidati eccessivamente del libero arbitrio; si è condita la libertà – pianta troppo formale nella sua aridità giuridica – con la dinamica della partecipazione, che mette a disposizione volontà di libertà, ma anche “auto promozione“, senza schermare abbastanza il difetto dell’individualismo. La democrazia, che è risultata, è stata ponderata e vagliata e si è cercato di metterla in sicurezza con l’equilibrio delle forze o il controllo dei poteri, con la divisione dei comparti (Montesquieu). Kelsen ne ha riconosciuto la natura limitata e limitante, alla continua ricerca di un perfezionamento continuo(2). Insomma, va riconosciuto il nostro limite e con esso, dopo di esso, la scarsa attendibilità di certe vie intraprese, come fossero salvifiche. Troppo spesso, come uomini fatti per il consorzio umano, andiamo a buttare “il bambino insieme all’acqua sporca“, per dirla, senza metafora, procediamo avventatamente e non riusciamo a fare il punto della situazione stabilendo la tenuta dell’acquisito (tradizione) e misurando la gittata di ciò che ci sta davanti (futuro).
Nel “mezzo del cammin di nostra vita“ ora ci ritroviamo nella “selva oscura“ di una crisi senza vie di uscite. La dico grossa, perché, a dispetto dei piani di rinascita (ultimo, qui in Europa, il PNRR) e della stessa fiducia che è radice della nostra pianta umana radicata nella natura (3), la morsa delle molteplici difficoltà – economico finanziarie, politico sociali e sanitarie oltre che planetarie, nell’epoca delle catastrofi climatiche – ci tormenta da diverso tempo. E vi aggiungiamo il condimento – attributo prettamente umano discendente da assetti politici – della tentazione di “menar le mani“, di accedere al confronto bellico(4).
È giunto il momento di soffermare l’attenzione su quel crogiuòlo – matrice alla lunga delle difficoltà che non riusciamo a dipanare a tutt’oggi – crogiuòlo di ismi (di atteggiamenti di visioni di convincimenti di pratiche di ideologie) che si riempiono di “colore assoluto“ o che rifuggono dal “relativo“, quella sfera dell’accomodabile e del riformabile che dovrebbe essere la nostra cifra. Il crogiuòlo – condivido con Bifo (Un concerto di cigni starnazzanti e neri) – è nel primo novecento, nella crisi bellica, prolungata dalla prima alla seconda guerra mondiale, non senza ragione denominata guerra dei trent’anni.
Se le carenze della pace di Versailles (1919 /20) diedero alito all’instabilità, con l’affermazione di regimi dichiaratamente antidemocratici, le decisioni successive al secondo conflitto mondiale, di una ingegneria istituzionale altisonante, fino alla nascita dell’Onu, con tutti i satelliti derivati, in realtà mai sono riuscite a disinnescare il meccanismo difettoso della competizione e dell’imperialismo(5). La guerra fredda ne è stata una conferma. Aggiungo, a mio scrupolo, che gli ideali di Spinelli, trasferiti nell’opera di Adenauer, di De Gasperi, Schumann e altri, non ha potuto elevarsi a una forza tale da costituire contraltare dell’imperialismo delle due superpotenze(6). Il colonialismo praticato anche in alcune contrade della nostra Europa, ha confermato tutto ciò(7).
Porterò soprattutto l’attenzione sul momento della caduta del comunismo. Da lì risulta evidente il piano egemonico che si era ridotto nei confini di un solo paese. Era il paese vincitore della guerra fredda? Era l’incarnazione della verità? Ovvero del bene (la democrazia) che sconfigge il male (il comunismo)? Altre cose si nascondevano nel grembo del totalitarismo. Il “perturbante“ era già dentro la fibra costitutiva degli Stati Uniti. Un tarlo, al quale diamo nome capitalismo, ma che forse va denominato come il nome dell’irrefrenabile egoismo narcisistico proteso al consumismo più violento, si era già materializzato in certe nazioni .
Soprattutto gli Stati ex sovietici, fuoriusciti dalla penuria e dall’oppressione si vestirono con queste sembianze, acquistarono il modus del facile guadagno… e non fu un caso la comparsa della mafia nelle contrade della Russia. Poco meditata, semplicemente allegra e spensierata, l’annessione nella comunità europea di certi paesi dell’Europa orientale. Da qui – sarebbe tema di più ampio vaglio e disamina – la patologia di una politica distorta, di un populismo che si è appropriato del consenso generale raggiunto con il metodo di sempre (panem et circenses) e che sfrutta la disponibilità della psicologia del management.
In essa, come zombie, ci muoviamo, sempre più ciechi ai lumi della ragione, sempre più sordi agli appelli della Chiesa di Francesco in favore della fraternità, carichi piuttosto di vario rancore, impauriti nella paura reale per il destino del pianeta e di una paura fittizia distribuita dai falsi profeti.
Finisco con il suggerire un attento esame della crisi in cui è caduta la politica e la società tutta degli Stati Uniti. Di essa abbiamo avuto prova già con la presidenza di Trump. Si sperava nella presidenza di Biden, ma fin qui le speranze sono state deluse.
Note
- Vanno recuperate, a questo proposito, facendo un balzo dei secoli, le considerazioni di Freud sul perturbante.
- Lo stesso concetto di perfezione, a lungo andare, è stato pregiudizialmente respinto, a conferma della “debolezza“ dei nostri strumenti intellettivi (epoca della “ragione debole“).
- Per me, cristiano convinto, permeata dalla nostra origine divina.
- La guerra. Argomento di grande spessore, sul quale dico semplicisticamente che viene iniziata come soluzione del male ed è, oggettivamente e immancabilmente, aggravamento dello stesso male.
- Uso quest’ultimo termine con molta moderazione per la volontà di non andare dietro a facili sogni palingenetici. Ma, allo stesso tempo, ne riconosco la legittimità, perché se andiamo nell’intimità delle psicologie sociali che hanno spinto e caratterizzando certe scelte e certe strategie, non possiamo sottacerlo.
- Dichiaro qui la mia convinzione federalista.
- Un colonialismo che sconfina oltre le date dell’indipendenza conquistata e/o concessa e che si prolunga con il post colonialismo.
Per molti anni insegnante di filosofia in un liceo, collabora al blog di riflessione culturale, filosofica, religiosa, pedagogica ed estetica Persona e Comunità
Molto interessante questo articolo per il riferimento agli ismi e alla guerra dei trent anni …e al dopoguerra con l’istituzione dell’ONU ,….!
Ancora una volta cadiamo nell’inganno della guerra come l’unica capace di vincere il male mentre è lei stessa il vero male. Questo pensiero mi tortura perché non riusciamo a credere in armi positive quali la solidarietà, il sacrificio,la condivisione ecc…..