Si chiama La Reverde, è una delle esperienze di economia solidale più importanti e creative tra quelle nate negli ultimi anni in Spagna, a Jerez, e merita di essere conosciuta anche in Italia. Il gioco di parole da cui nasce il nome della cooperativa, «più verde e più rebelde», è già una bella idea che rimbalza anche nelle nuove forme del movimento degli indignados (che, come racconta questo interessante articolo di Marta Sànchez, si è moltiplicato tra assemblee di quartiere, banche del tempo, orti urbani, azioni contro gli sfratti, iniziative con i migranti…). Nella foto, i soci della cooperativa concludono una giornata di convivialità e lavoro nei campi con le loro birre artigianali molto fresche.
Marianna, raccontaci la vostra esperienza di economia solidale di agricoltura biologica urbana.
La cooperativa nasce dall’iniziativa di persone dell’associazione di consumatori e produttori biologici El Zoco. Dopo alcuni anni di “consumo passivo” di cassette bio di un produttore locale si sentiva l’esigenza di compormettersi di píu con il progetto e di farlo proprio. L’idea di essere consum-attori era molto stimolante e la crescente domanda da parte di altri nuclei familiari ci ha spronato a fare il grande passo due anni fa.
Cosa producete e come?
Abbiamo in affitto due ettari di terreno in un territorio periurbano coltivato secondo i principi dell’agroecologia. Siamo anche certificati bio e collaboriamo in una rete andalusa che sta sviluppando un sistema di certificazione partecipativa, ossia basato sulla fiducia tra produttore e consumatore. Principalmente produciamo verdura di stagione di varietá tradizionali, anche se ammetto che ho introdotto la coltivazione delle cime di rapa, qui sconosciute, per puro interesse personale! Come frutta per ora produciamo angurie e uva. Quest’anno abbiamo sperimentato le fragole e speriamo di incrementarne la produzione il prossimo anno. I semi sono in maggioranza nostri o della Reta andalusa di semi. Quest’anno abbiamo anche costruito una serra per produrre noi stessi le piantine.
Puoi raccontare una vostra giornata tipo, quello che avviene nella vostra cooperativa tutti i giorni?
Nella cooperativa ci sono tre lavoratori che si occupano della produzione giornalmente. Due sono donne e uno è un ragazzo, che l’anno scorso, quando era minore non accompagnato, è venuto a fare lo stage da noi dopo un corso di agricoltura bio. Per non farlo rimpatriare al compimento dei diciotto anni abbiamo deciso di fare lo sfrozo di assumerlo. Ci sono stati addirittura dei soci che si sono impegnati a coprire il costo nel caso in cui non avessimo suffcienti fondi per il suo stipendio. Il lavor come in tutte la campagne, sopratutto qui d’estate quando ci sono quasi sempre 40 gradi, comincia molto presto e finisce all’ora di pranzo. Il produttore che ci ha affittato la terra, oltre a essere socio, ci aiuta nelle decisioni strategiche fino a che non saremo capci di prenderle da soli. Abbiamo un giorno per il reparto delle cassette che è il giovedí, quindi il mercoledi e giovedi ci dedichiamo esclusivamente alla raccolta e alla preparazione del prodotto. Il lunedi vendiamo la produzione extra a un intermediario. L’obiettivo è vendere l’intera produzione ai soci, ma ora è ancora necessario avere una parte di vendita, circa il 40 per cento, esterna.
Che ruolo hanno i vostri soci nella cooperativa? Come promuovete la partecipazione alle decisioni?
Attualmente abbiamo 108 soci, per obbligazioni statutarie devono solo partecipare all’assamblea e consumare un minimo di 150 euro in prodotti all’anno, però le nostre intenzioni vanno ben oltre. La cooperativa si è fondata con l’obiettivo di educare a un altro modello di consumo e di solidarietá con il lavoro e con i rischi legati alla campagna. Chiediamo quindi ai soci di partecipare volontariamente ad alcune attivitá come la raccolta delle patate e delle cipolle, e in quei casi condividiamo la giornata con pranzi o cene, come si faceva una volta. Tutto questo genera uno spirito di compagnerismo, cioè di comunità e di convivialità, e aumenta la coscienza del socio sul lavoro che c’è dietro i prodotti che tutte le settimane consumano. Inoltre, per ogni ciclo di produzione facciamo un’inchiesta per sapere le preferenze di produzione. Abbiamo delle commissioni di lavoro: comunicazione, infrastruttura, volontariato ed educazione. In particolare, la commissione di infraestruttura si è occupata quest’anno di coordinare la costruzione di una serra per produrre le piantine. Abbiamo chiesto ai soci un microcredito per acquistare i materiali e poi si è messo in atto un lavoro collettivo per un paio di mesi per fare la serra e la zona di lavaggio delle verdure. I soldi prestati li stiamo restituendo poco a poco, invece che in contanti in verdure. Quest’anno abbiamo anche promosso una giornata di riflessione e dibattito prima dell’assemblea per poter proporre argomenti di varia natura, ad esempio, sulle scelte etiche e politiche della cooperativa, sulle motivazione dei soci, da far approvare nella sede assemblearia.
Quale relazione avete con il territorio in cui operate e con gli altri contadini del bio?
Molti di noi provengono dalla societá civile del territorio provinciale, ecologisti, promotori della Rete per la moneta locale, femministe ma anche persone impegnate nelle reti di volontariato. C’è una collaborazione continua, valutiamo volta per volta cosa fare: offriamo prodotti come moneta locale, formiamo persone per la messa in opera di orti urbani, promuoviamo attraverso progetti l’educaizioe bio nelle scuole, regaliamo prodotti alle mese sociali…
Nella nostra cittá siamo gli unici produttori, nella provincia ce ne sono altri e collaboriamo attraverso la rete andalusa di semi nello scambio di varietá tradizionali o qualche volta ci scambiamo dei prodotti. Non esiste ancora una vera rete tra produttori, compriamo se è possibile miele, vino e formaggi per i nostri soci, ma non esiste una vera collaborazione. Una volta all’anno il Gruppo di sviluppo rurale organizza un mercato di produttori bio e locali.
Come vivete il rapporto sostenibilità economica e dimensione politico sociale della vostra esperienza?
Per adesso i contributi dei soci sono stati sufficienti per ampliare le dimensioni della cooperativa, non abbiamo avuto bisogno di ricorre a finaziamenti bancari. Andiamo lenti ma speriamo di andare lontano… Politicamente abbiamo deciso per assemblea di limitarci all’ambito agroecologico che di per sè ha gía una dimensone molto amplia, collaboriamo con la Facape che è la federazione andalusa di produttori e consumatorio bio, siamo soci della rete di semi e abbiamo aperto da poco un conto con Triodos bank in attesa che Banca etica completi la fase di capitalizzazione.
Quali altri progetti portate avanti come cooperativa nel movimento di economia solidale spagnolo?
Per adesso siampo in fase di start up e collaboriamo solo a livello locale nell’educazione e diffusione dei nostri principi. L’anno scorso siamo stati tra gli organizzatori del Primo incontro di economie in transizione di Jerez e siamo membri attivi e fondatori di questo movimento. In questo momento siamo impegnati nell’organizzazione dell’incontro nazionale dell’Unione vegetariana che si terrá qui ad ottobre.
Come valutate lo stato di salute e l’apporto del movimento dell’economia solidale in Spagna in questo momento di crisi economica?
Sembra che le persone siano sempre più sensibili, il movimento ha un gran successo in questo momento, la Rete di moneta locale per esempio ha duplicato i soci ed è molto attiva. Lo Zoquito, la moneta locale di Jerez, nell’ultimo anno ha ispirato la nascita di altre cinque monete locali nella provincia di Cadice e Siviglia.
Quali relazioni avete con le altre economie nella città e nella regione? I movimenti italiani sono rimasti molto colpiti dal livello di mobilitazione contro la crisi avviato dagli indignados in Spagna: cosa sta succedendo ora con le misura imposte dal nuovo governo e voi come contribuite a questo movimento di protesta?
Come dicevo prima, il nostro schieramento politico si limita ai temi strettamente collegati con l’agroecologia. Ció non toglie che a livello personale la maggiornaza dei nostri soci sia poi attiva in vari movimenti, la metá dei soci che si sono iscritti nell’ultimo anno provengono dai gruppi di indiñados. Abbiamo promosso diversi incontri per presentare il nostro modello di economia locale e sostenibile ed abbiamo avuto ottimi risultati, notiamo che la societá sta cercando altre vie d’uscita alla crisi che il governo non riesce a offire, se non riproponendo gli schemi di un modello capitalista che ormai ha i giorni contati.
Gli indignados credono nell’economia solidale come risposta alla crisi? Quali pratiche di cambiamento dal basso stanno avviando?
Molti hanno riconvertito la loro economia localmente attraverso lo zoquito: ci sono varie imprese che collaborano e offrono servizi nella nostra moneta locale e anche gli incontri di Banca etica riescono a convogliare moltissime persone. Sembra che si sti sviluppando un altro tipo di solidarietá tra le persone della comunitá. Sono piccoli cambiamenti, ma crediamo che si rafforzeranno e cresceranno esponenzialmente nel tempo. Molto forte, ad esempio, è il movimento che si sta creando nella ricostruzione di paesi abbandonati: conosco molte persone che si stanno attivando in questo settore e voglio tornare a vivere una vita piú semplice. Nell’ultimo anno si sono anche creati vari gruppi di orti urbani in tutta la provincia, l’autosufficienza è uno degli obiettivi prioritari in questo momento. L’Incontro di transizione per una piccola cittá come la nostra è stato un gran successo, con piú di 150 persone provenienti dalla tutta la provincia.
Tu hai vissuto per diversi anni un’esperienza di economia solidale in Italia: quali differenze trovi tra il contesto italiano e quello spagnolo?
In italia esistono più reti è piú dibattito politico, ma anche più schemi mentali che a volte frenano le iniziative. In Spagna dopo la dittatura le persone si sono concentrate a recuperare gli anni di gap socio-culturale e la politca è rimasta un poco in disparte, solo ora con le nuove generazioni si nota finalmente un cambio. Se guardi la televisione e confronti i programmi politici che ci sono con quelli italiani, in proporzione saranno meno di un terzo! Non cè volontá di sviluppare questo la cocienza dei cittadini, ma fortunatamente le nuove teconologie stanno colmando questo vuoto magistralmente. Ci sono diversi docenti universitari che stanno contribuendo molto alla diffusione dei concetti di decrescita e di economia solidale, Attac sta avendo un gran successo e il movimento politico “equo”, nato dalla fusione dei vari partiti verdi e alternativi ha riscosso una discerta accettazione. Siampo orgogliosi di pensare che qui nella nostra cittá ci sono delle persone con una gran potenziale che l’anno scorso attraverso le reti che si sono create prima e dopo attorno al movimento degli indignati sono state parte attiva e promotrice di questo movimento nazionale. In generale la mia sensazione è che qui si vive tutto come se fossimo ancora davanti a una terra vergine, a volte hai la sensazione che tutto sia possibile perché poche cose sono tuttora veramente efficaci.
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