di Claudia Pepe*
Il “dolore necessario” non finisce mai, è un dolore che si rinnova ogni secondo della tua vita come fosse nato insieme a te. Paola, la mamma di Giulio Regeni, era senza una lacrima negli occhi, quando con voce ferma dichiarava guerra alle menzogne. Una lezione di alta politica a tutto il nostro governo.
Le mamme che perdono un figlio si riconoscono subito, hanno un urlo nero mischiato alla compostezza del dolore, come le stelle in pieno giorno, l’amore davanti alla morte. Perdere un figlio non è da tutti, riconoscere tutti i mali del mondo in un viso trafitto dall’oscenità del tempo che non si ferma, appartiene a chi ha sempre creduto che si possa cambiare una società malata, donando il proprio figlio nelle mille strade che portano alla verità. Il suo viso, dove si nascondono tutte le lacrime dell’universo, è scolpito nella potenza dell’uomo di fronte alla supremazia dell’orrore, dello sgomento e della follia, di fronte alla quale chi non è una madre sopravvissuta al figlio, diventerebbe piccolo ed inequivocabilmente solo.
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La lezione di Giulio “Ho seguito ogni istante della ricerca, del tragico ritrovamento, delle indagini e del saluto finale a Giulio Regeni. Giulio ha preferito raccontare la verità dei soprusi quotidiani e la voglia di ribellarsi…”
Nessuno potrà restituirle il figlio ma lei ci ha restituito la dignità, una filosofia morale che ha reso illegittimi i potenti di turno, padroni di una politica machiavellista deprivata del suo significato. Il suo dolore non ha pianto, sono parole che mirano ad occhi non abituati alla verità dell’amore. Una donna, madre, insegnante abituata alla pazienza, aperta nei suoi metodi educativi, sempre pronta ad aiutare, a sorreggere, a incoraggiare la curiosità e il sorriso anche nella difficoltà. Una donna che si commuoveva per i disegni dei suoi alunni e ora diventata la madre e la donna che ci fa fiere di appartenere al genere umano. Le mamme che perdono un figlio hanno sempre combattuto nella loro vita e per questo che i loro figli non si sono mai accontentati di reprimere il desiderio di giustizia, l’espressione dell’onestà, l’utopia di un’etica illuminista. Le mamme che accompagnano i loro figli nelle bare, di solito, hanno sempre una visione progressista, qualcuno le chiama visionarie, folli, matte, solo perché credono prima di vedere, sentono prima di toccare, sorridono prima di sognare. Le mamme che perdono un figlio, spesso lo regalano al mondo, perché sanno che le relazioni umane e l’idealismo sono mete da rincorrere, da ricercare, da tracciare.
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Le porte, per noi mamme che perdono un figlio, non si aprono più, nei loro armadi andiamo a ritrovare il loro profumo, prepariamo per loro i regali di Natale e conserviamo le loro sigarette. Noi mamme figlie di una guerra che resiste ai nostri morsi di libertà, guardavamo i nostri figli e sognavamo per loro una vita dove la bellezza non avesse pretesto per esistere. Inseguendola con il vento tra le dita. Ma quando Paola, donna, mamma, insegnante ha cercato di chiedere verità e giustizia per Giulio, chiedendo quanti altre persone stanno straziando in questo momento, quante persone scomparse non sono rientrate neanche nelle loro feretri violati, il governo che fa accadere tutto ciò, era riunito in un question time. Peccato ci fossero tra ministri e deputati solo ventisette responsabili della nostra incolumità, delle vergogne e barbarie siglate da depistaggi e bugie. Tutto ciò si è svolto in solo otto minuti, otto minuti per tutto il male del mondo. Neanche il tempo di pronunciare il suo nome e la sconfitta dell’umanità.
Vogliamo verità e giustizia per Giulio, per tutte le vittime che non si chiamano Giulio e per le madri avvolte da un grido che non possiamo non sentire. Trafitti da mani che non si nascondono il viso.
* Insegnante
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