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Quel che le femministe fanno

Pramila Jayapal
23 Settembre 2013

pramila_megaphone
Solo poche ore dopo essere uscita di prigione, dov’era finita per una dimostrazione che chiedeva al parlamento statunitense di muoversi sulla riforma delle leggi sull’immigrazione, Pramila Jayapal – femminista ed attivista – ha rilasciato quest’intervista. Pramila è da anni una leader nella lotta per la riforma, avendo fondato la più grande associazione di immigrati dello stato di Washington nel 2001: OneAmerica. Di recente ha ricevuto un riconoscimento dalla Casa Bianca come “Campione del cambiamento” e co-dirige “We Belong Together: Women for Common-Sense Immigration Reform”, la campagna che intende ricordare come donne e bambini costituiscano i tre quarti degli immigrati negli Stati uniti e come portino il fardello dei fallimenti del sistema che regola l’immigrazione.

Puoi descriverci l’ultima azione di We Belong Together? C’è stato qualche momento particolarmente significativo?

L’azione di ieri intendeva attirare l’attenzione sul coraggio delle donne migranti e sui contributi che esse forniscono ogni singolo giorno. Fanno funzionare l’economia, tengono insieme le loro famiglie, sostengono le loro comunità, eppure devono vivere nell’ombra e con il peso di un sistema che non funziona. Vogliamo far capire alla gente che donne e bambini sono la vera faccia dell’immigrazione, costituendo circa il 75% di tutti gli immigrati negli Stati Uniti. Troppo spesso non se ne parla in questo modo.

Abbiamo anche chiesto al Congresso che dimostrasse lo stesso coraggio, portando al voto una legge sull’immigrazione equa e umana. Abbiamo visto una legge passare al Senato e abbiamo lavorato duramente affinché le donne fossero incluse in quella legge. Ora langue nelle mani della leadership repubblicana al Parlamento, perché non hanno il coraggio di mandarla avanti. Noi abbiamo mostrato loro che aspetto ha il coraggio, con 105 donne che si sono fatte volontariamente arrestare, incluse le 22 migranti senza documenti.

Un momento davvero potente è stato il guardare il cerchio di donne che avevamo formato, sapendo che ognuna di noi si assumeva dei rischi, ma che c’erano 22 donne in particolare che se ne assumevano molti di più. Mi viene la pelle d’oca a pensarci, perché è stato uno di quei momenti in cui vedi le donne riunirsi al di là di razze, etnie, status. E’ stato un momento di completo potere e di completo essere insieme che abbiamo reclamato a quell’intersezione (Ndt: il cerchio di donne sedute bloccava l’accesso ai parlamentari). E potevi vederlo chiaramente in ognuna. Cantavano o stavano sedute quietamente, ma c’era questo sorgere di potere attraverso il cerchio mentre mostravano al Congresso com’è avere coraggio e agire per il bene di milioni di persone in tutto il paese.

Centocinque donne, è un grosso numero. Puoi dirci di più delle donne che hanno scelto di rischiare l’arresto?

Siamo in questo posto da parecchi anni. Siamo allo stesso tempo vicinissime e lontanissime. Ci ripetono di continuo che non è il momento giusto per sollevare la questione. Subito dopo le elezioni sembrava che fosse arrivato questo momento giusto, la riforma è salita in cima alle agende di tutti, ma ci sono voluti quasi sette mesi perché una legge passasse al Senato. Ora ci dicono che siamo troppo vicini alle elezioni di medio termine del prossimo anno, e che potremmo non avere l’opportunità di smuovere la riforma dell’immigrazione. Da quando Obama è stato eletto ci sono già state due milioni di persone deportate e il fatto è che queste deportazioni stanno aumentando. Noi le maneggiamo sul campo, ogni giorno, perché donne e bambini ne vedono gli effetti sulle proprie vite. Perciò, le dimostranti di ieri erano mosse dall’urgenza che provano, perché noi sappiamo che c’è necessità di avere la riforma quest’anno. Ci sono questi momenti, in cui senti che la posta in gioco è così alta, e sei pronta.

C’è una conversazione che continua, sulle intersezioni fra razza/etnia e femminismo. Tu come vedresti un movimento femminista più inclusivo?

Questa è una delle cose che mi entusiasmano di più. Io sono una femminista, molto orgogliosa di essere tale, e ho beneficiato dall’avere guide femministe durante gli anni. Sono anche un’attivista per i diritti dei migranti e dirigo una delle più grandi organizzazioni di migranti da dodici anni. In questo periodo, ho notato che la maggioranza dei nostri membri e dei nostri leader all’interno del movimento per i diritti degli immigrati sono donne, ma non abbiamo mai avuto davvero l’opportunità di pensare ad un’analisi femminista/di genere. Ho anche notato che le tradizionali organizzazioni di donne non avevano in se stesse tutte le diversità che io sentivo avrebbero dovuto avere per rappresentare anche me, come donna e femminista. Penso veramente che la riforma dell’immigrazione sia un’opportunità per introdurre queste diversità nel movimento delle donne e per assicurarci di creare leader attraverso tutte le nostre razze ed etnie.

Noi donne non pensiamo in modo settoriale: facciamo molte cose diverse che ci rendono forti. Per esempio, la salute riproduttiva è una questione importante, ma non è la sola. Per molte delle nostre socie, è impossibile persino pensarci sino a che temono ogni giorno di essere deportate. Penso che azioni come quella di ieri siano occasioni per costruire connessioni. E’ stato un onore e un piacere avere con noi Terry O’Neil di NOW, Jodie Evans di Code Pink e Rea Carey del National Gay and Lesbian Action Fund. E’ stato un onore avere queste donne leader che lo capiscono, che vogliono fare queste connessioni, e lo mostrano, facendosi arrestare e dimostrando che non sono solo parole. Dalla parte delle donne senza documenti ci sono stati momenti assai significativi, come quando una di loro ha detto di essersi sempre considerata una femminista, ma che spesso non sapeva se era una “vera” femminista agli occhi di quelle riconosciute per tali. C’è stato questo bellissimo essere insieme.

Le nostre lettrici come possono essere coinvolte?

Sarebbe meraviglioso se potessero andare su http://www.webelongtogether.org/

C’è una petizione che possono firmare e possono iscriversi alla nostra mailing list. Se siete attive in una particolare area degli Usa e volete formare un gruppo di donne che rilasci una dichiarazione su come la riforma dell’immigrazione sia essenziale all’eguaglianza delle donne, non vediamo l’ora vi mettiate in contatto con noi! Fatecelo sapere, perché siamo pronte a sostenervi. Abbiamo materiali e documentazione. Questo è un movimento per ogni donna, non per poche persone. Vogliamo l’energia che viene dal basso e saremo entusiaste di lavorare con chiunque percepisca questo potere e voglia parteciparvi.

Stai per andare su un’isola deserta e puoi portare con te un cibo, una bevanda e una femminista. Cosa scegli?

(ride) Un cibo: dev’essere per forza lenticchie e riso. Khichdi è il nome della nostra combinazione indiana che fa dei due cibi uno. E’ cibo che mi conforta, perché io sono un’immigrata dall’India e mi fa pensare alla mia famiglia. La mia bevanda sarà solo acqua, dopotutto sono su un’isola deserta e devo sopravvivere. Amo l’acqua, e ho capito quanto la desideravo ieri, in prigione. La mia femminista: Sojourner Truth. Ho per lei un’ammirazione incredibile, la rispetto e la onoro. Penso che insieme faremo di quell’isola deserta un posto bellissimo, verde e dolce, perché questo è ciò che le femministe fanno: trasformano cose aride in ambienti salutari, ricchi, vivi.

(“The Feministing Five: Pramila Jayapal”, di Suzanna Bobadilla per Feministing, 14.9.2013, traduzione e adattamento Maria G. Di Rienzo, femminista, giornalista e formatrice: questo è il suo blog http://lunanuvola.wordpress.com/)

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