
“Abbiamo camminato a piedi, giorno e notte, fino al confine tra la Libia e la Tunisia. Siamo scappati dai lager e dai respingimenti libici per trovare di nuovo respingimenti brutali, percosse, umiliazioni sia alla frontiera sia in territorio tunisino…”. Sono arrivate più di cento persone nello scorso fine settimana al presidio di Baobab Experience, a Roma: sono sudanesi e sud sudanesi. Fuggono da un conflitto perenne e una crisi alimentare esasperata dal cambiamento climatico. Anziché protezione trovano solo violenza.
“La Tunisia non è un paese sicuro per rifugiati e migranti…”, dicono. Le immagini che provengono da Sfax, il principale punto di partenza tunisino per Lampedusa, mostrano una caccia al migrante istituzionalizzata. Militari e comuni cittadini armati di machete inseguono gli africani sub-sahariani per le strade, irrompono nelle loro case, li derubano e li ammassano a terra come rifiuti. Eppure, Unione Europea e Italia continuano ad affermare che la Tunisia sia un paese sicuro: obiettivo è farne una nuova Libia. Barattare, di nuovo, soldi per migranti: pagare l’ennesimo dittatore di turno per non far partire le persone, con ogni mezzo necessario.
Ma “partire dalla Tunisia – aggiungono – è più semplice e più economico. E siamo abituati al razzismo e alla violenza della Libia. Ci nascondiamo e cerchiamo di partire il prima possibile, pregando di sopravvivere al mare…”.
Dal 2 luglio, lungo il deserto al confine tra Tunisia, Libia e Algeria sono state deportate dalle forze di sicurezza tunisine settecento persone di origine subsahariana. Sono state lasciate senza acqua e cibo. È probabile siano morti tutti. È pulizia etnica.
[Presidio umanitario di Baobab Experience, luglio 2023]

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