Due terzi dei candidati alle ultime elezioni avevano assunto l’impegno di non ratificare in parlamento il trattato europeo di liberalizzazione con il Canada (Ceta). E’ importante battere un colpo significativo anche in vista del Consiglio europeo del 26 giugno, dove dovrebbe atterrare per l’ok finale degli Stati membri il Jefta, il trattato di liberalizzazione degli scambi tra Ue e Giappone, che in volume vale il doppio del Ceta, un quarto del Pil globale, è stato negoziato in assoluta segretezza come il Ceta, e presenta le medesime criticità. Contiene, infatti, una minima difesa di appena 18 prodotti agroalimentari di qualità e non fa alcun riferimento all’obbligatorietà del rispetto del Principio di precauzione europeo


Il Jefta, inoltre, semplifica gli iter di approvazione e sdoganamento delle merci, andando a limitare la capacità degli Stati europei di controllare le importazioni giapponesi di alimenti e mangimi, anche se ci sono molti casi già documentati di importazioni di mangimi Ogm illegali dal Giappone, il Paese con il più grande numero di colture Ogm autorizzate al mondo.
Il Jefta non è che il primo di una serie di trattati di cui la Commissione europea sta accelerando l’avvio o la conclusione, come quello con l’Australia e la Nuova Zelanda, che non passeranno dai Parlamenti nazionali. Una mossa che dovrebbe prevenire, nei piani della Commissione, lo stop ai negoziati in corso qualora la Corte europea di Giustizia accogliesse il ricorso del governo belga contro l’istituzione da parte del Ceta proprio grazie alle pagine sugli investimenti, di un “tribunale speciale” arbitrale (il cosiddetto Investor to state dispute settlement – Isds, o la sua versione rimaneggiata Investment court system-Ics) che permette alle imprese di citare in giudizio gli Stati senza tener conto della giustizia ordinaria di ciascun Paese, qualora una legge o decisione faccia problema ai suoi interessi. La prima udienza del processo si terrà a Strasburgo il 26 giugno prossimo, la sentenza si attende entro l’anno e potrebbe invalidare gran parte o parti di essi perché non compatibili con i trattati costitutivi dell’Unione stessa.
Ecco perché è importante fermare questo tipo di trattati commerciali e riaprire la partita delle liberalizzazioni in Europa: non per protezionismo o altra posizione ideologica, ma per decidere una volta per tutte se e come essere o meno coerenti con le regole che si sono scelte a fondamento dell’Unione. Da anni la società civile di tutta Europa, gli imprenditori responsabili, i lavoratori e i sindacati, gli ambientalisti, i cittadini consapevoli, chiedono al nostro Governo di scegliere da che parte stare, se con i diritti e il futuro o con i profitti di pochi. E’ arrivato il momento di dimostrarlo con i fatti.
*Portavoce della Campagna Stop TTIP/Stop CETA Italia
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