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Quanto vale la vita a Moria?

aa.vv.
12 Settembre 2020

Centinaia di bambini profughi con le loro famiglie dormono nel cimitero di Lesbo, dopo l’incendio del campo di Moria. Intanto, settanta organizzazioni della società civile di tutta Europa (tra cui Asgi, Caritas Europa, Cospe, Médecins du Monde–France, Oxfam) lanciano un appello urgente perché gli sfollati siano accompagnati fuori dalla Grecia

Foto tratta da Moria Non chiamatelo inferno, di Diego Saccora, APS Lungo la rotta balcanica – Along the Balkan Route

Appello urgente all’azione da parte di settanta organizzazioni della società civile da tutta Europa

Negli ultimi giorni, devastanti incendi1 hanno bruciato il Centro di registrazione e identificazione di Moria e le aree circostanti e l’hotspot dell’Ue sull’isola greca di Lesbo. Gli incendi hanno lasciato migliaia di persone vulnerabili, tra cui oltre 4.000 bambini, traumatizzate2 e senza un tetto dove dormire3.

Le organizzazioni firmatarie ribadiscono ancora una volta il loro appello affinché i governi degli Stati membri dell’Ue, con il sostegno della Commissione europea4, ricollochi urgentemente gli sfollati fuori dalla Grecia.

LEGGI ANCHE L’eclissi dell’Europa: brucia il campo di Moria a Lesvos Fulvio Vassallo Paleologo

Sebbene scioccati e rattristati da questi sviluppi, non si tratta di eventi inaspettati. Lesbo e gli altri Hotspot dell’Ue5 sulle isole dell’Egeo avevano raggiunto il punto di rottura molto tempo fa6. Il campo di Moria ospita attualmente circa 12-13.000 rifugiati, malgrado ufficialmente possa ospitarne 2.800. Questi campi gravemente sovraffollati sono caratterizzati da condizioni di vita stentate e da una grave mancanza di servizi igienico-sanitari adeguati o strutture igieniche, ancor più grave alla luce dell’incremento dei rischi per la salute dovuti al Covid-197. La situazione negli altri hotspot greci è altrettanto insostenibile e numerosi avvertimenti8 sono rimasti inascoltati per oltre quattro anni.


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Necessari immediati trasferimenti

Accogliamo con favore il trasferimento di 406 minori non accompagnati da Lesbo alla Grecia continentale, con il sostegno finanziario della Commissione europea9. Questo dimostra quanto velocemente i trasferimenti possono essere coordinati, quando esiste la volontà politica. Apprezziamo l’impegno dei governi norvegese e olandese di ricollocare rispettivamente 5010 e 100 persone11, nonché la volontà dei governi francese e tedesco di trasferire 400 minori12. Esortiamo gli altri governi europei a seguire senza indugio impegni e azioni concrete. L’esempio positivo delle ricollocazioni effettuate dalla coalizione degli Stati membri disponibili a partire dal marzo 202013 mostra che le ricollocazioni possono essere eseguite in sicurezza e con successo per tutte le persone coinvolte. Gli Stati membri, le istituzioni dell’Ue, le agenzie dell’Ue e delle Nazioni Unite con il sostegno della società civile dovrebbero ora condividere esperienze, competenze e risorse per garantire che altri Stati aderiscano alla coalizione. Le organizzazioni sottoscritte sono pronte a sostenere questi sforzi, per portare in salvo uomini, donne e bambini bloccati in Grecia, e quindi sostenere i nostri valori europei dei diritti umani e della dignità umana.

Gli hotspot dell’UE come approccio europeo alla gestione della migrazione

Gli ultimi eventi dimostrano ancora una volta il fallimento degli hotspot come approccio predefinito alla gestione della migrazione. Chiediamo al Parlamento europeo di indagare sul ruolo che l’Ue e gli Stati membri hanno avuto nella fallimentare gestione di Moria. Inoltre, esortiamo la Commissione europea, la Presidenza tedesca del Consiglio dell’UE e gli Stati membri a considerare le orribili immagini dell’incendio di Moria come una prova inequivocabile del tragico costo umano14 di un sistema di asilo e migrazione dell’Ue basato su politiche di contenimento e deterrenza. Raccomandiamo vivamente alla Commissione europea di tenere conto di questi eventi in vista del nuovo patto su migrazione e asilo e garantire che queste stesse politiche non siano alla base delle proposta estremamente preoccupante dei “centri di elaborazione” alle frontiere europee. È fondamentale che il Nuovo Patto venga colto come un’opportunità per presentare un nuovo inizio piuttosto che come una replica degli errori del passato.


Tradotto e pubblicato da Asgi

Qui L’appello originale in lingua inglese con la lista completa delle organizzazioni firmatarie (Urgent Call to Action from Civil Society Organisations across Europe).



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