Se provassimo a pensare in modo diverso i processi migratori, scopriremmo prima di tutto persone comuni che contribuiscono ogni giorno, con tenacia e cratività, a trasformare la società. Come le donne del progetto Strane straniere, qui raccontate, che ci restituiscono un’immagine non stereotipata dei migranti
di Alessandra Magliaro*
Fuori dal proprio paese, reinventarsi di nuovo. Donne, migranti, imprenditrici. Storie di Strane Straniere. Quale è la spinta alla migrazione per una donna? Come si realizza il passaggio doloroso di separazione dalla propria terra, comunità, famiglia di origine? Come prende forma l’idea imprenditoriale? Com’è che il progetto si concretizza nell’impresa? Cosa significa essere imprenditrice per una donna fuori dal proprio paese di origine? Quali sono le implicazioni sulla comunità di provenienza? Accanto alle immagini dolorose dei barconi bisogna fare spazio a quelle positive di tante donne che ormai camminano nelle nostre strade senza essere marginali ma che anzi con la loro vitalità ci restituiscono un’immagine non stereotipata degli stranieri e danno nuova linfa alla nostra società. Essere donna e essere migrante non significa essere soggetti sociali deboli. Sta crescendo in Italia un piccolo mondo di imprenditrici femminili che vengono da altre paesi ma da noi stanno mettendo radici con creatività e tenacia. Un progetto a Roma, Strane Straniere appunto, le sta facendo conoscere in incontri pubblici che arrivano nel confronto ad essere il racconto collettivo della nuova Italia.
Si chiamano Aida, Tanja, Hu, Cristina, Ana, Ljuba e le altre… Le storie di queste donne raccontano come l’attesa e la speranza diventano idea, progetto e poi realtà imprenditoriale concreta. La capacità generatrice del femminile si rivela qui in tutta la sua potenza creatrice. Intraprendenza, creatività, tenacia. Le donne che animano il progetto Strane Straniere hanno queste doti in comune e poco altro. Sono giunte in Italia per strade e ragioni differenti, con speranze, problemi e vissuti assai diversi. Talvolta sole, talvolta con la famiglia. Un’intuizione geniale, un incontro fortunato o il caso le hanno poi trasformate in imprenditrici e, secondo le statistiche, oggi rappresentano una categoria in espansione che resiste alla crisi, dando linfa vitale alla nostra economia. Svolgono le attività più disparate.
Aida Ben Jannet tunisina, è titolare dell’Autoricambi Aida SAS, alle porte di Roma. Nel 1995, un amico di famiglia, Ermanno, le chiede di venire in Italia per aiutarlo nel suo negozio di autoricambi. Aida inizia come segretaria, ma quando la crisi travolge l’attività, fa ogni genere di sacrifici per salvarla dal fallimento. E ci riesce. Nel 2001 rileva il negozio e lo fa ripartire specializzandosi in vendita di pezzi per auto d’epoca.
Hu Lanbo, è una scrittrice ed editrice cinese, si laurea in Letteratura Francese alla Sorbona, vive a Roma dal 1990 ed è sposata con un italiano. Ha raccontato la sua storia di migrante nel romanzo La strada per Roma, riedito da Barbera nel 2012 con il titolo Petali d’orchidea. Uscirà prossimamente Il sole delle otto del mattino. Dirige la rivista bilingue Cina in Italia, da lei fondata nel 2001.
Ljuba Jovicevic, biologa serba, si laurea all’università di Belgrado, ma dopo l’arrivo in Italia e l’incontro con l’architetto croato Ana Laznibat, cambia mestiere. Nel 2001, infatti, le due donne aprono a Roma, nel rione Monti, la galleria d’arte Atelier, oggi importante crocevia di artisti internazionali e luogo d’incontro e scambio tra culture diverse. Atelier è inoltre l’ente proponente del progetto Strane Straniere.
Cristina Pavelescu Venezia, tessitrice romena, è titolare di un negozio di artigianato artistico a Roma. Accantona il suo lavoro di gallerista per imparare il mestiere di tessitrice, studiando al fianco di grandi artigiane italiane, a Firenze e a Milano. Al centro del suo “Spazio Artigiano”, il telaio dove i clienti possono vederla intenta a creare i suoi scialli. Per Cristina: “La bellezza del fatto a mano cambierà il mondo”.
Daisy Chacko Chittarackal, medico ayurvedico, indiana. Nata a Wynad in Kerala, si laurea in Botanica all’Università di Calicut e si specializza in Medicina Ayurvedica al Dhanvantarii Institute of Indian Medicine. Nel 2002 fonda l’associazione culturale Ayurvedico DEVATA nel quartiere Prati a Roma ed è oggi considerata una delle massime esperte in Italia di scienza ayurvedica indiana. E’ anche docente in questa materia, con centinaia di allievi in tutta Italia.
Elsa Javier Piacentini, chef peruviana. È venuta in Italia nel 1990. In Perù era docente di filosofia, oggi vanta numerosi premi per la sua sapienza culinaria. Dal 2005 al 2009 è titolare de “La Limeña”, primo ristorante peruviano introdotto in una guida eno-gastronomica italiana. Nel 2009 vince il premio “Las Americas” del Comune di Roma per il suo impegno nel promuovere la cultura latinoamericana attraverso la diffusione dell’arte culinaria e gastronomica. Oggi, sempre insieme al marito, Luciano Piacentini, gestisce il servizio catering Luelpi. Tutte ricette peruviane.
Neda Mokhtari, designer iraniana. Nel 2004, subito dopo la laurea in Fotografia, si trasferisce a Roma e frequenta prima l’Accademia di Belle Arti dove si laurea in Pittura e poi l’Istituto Italiano della Moda. Cinque mesi fa, appena trenetenne, apre con la make up artist italiana Maria Pia Borneti, Concept Image, una “boutique della bellezza” importata da Manhattan, che si prende cura dell’immagine a 360 gradi (dal make up alla sartoria).
* Caposervizio della redazione Spettacoli, Cultura e Media dell’agenzia Ansa. L’articolo di questa pagina è stato scritto per ansa.it/lifestyle (titolo originale Strane straniere. Ecco le migranti imprenditrici). Noi lo pubblichiamo con il consenso dell’autrice, che si dice felice di collaborare con Comune-info.
Foto di Francesco Chiorazzi: la galleria fotografica completa è qui.
DA LEGGERE
Franco La Cecla | Accanto alla nostra vita quotidiana, esiste un mondo solo apparentemente nascosto. A due passi da noi, che siano le spiagge di Lampedusa o i viali “bene“ di Milano si muove la realtà nel suo sconquasso più assurdo
L’autorecupero delle relazioni
Bari: diritto all’abitare, riciclo e autogestione in un ex-liceo occupato da rifugiati
Città antirazziste, basta un pallone
Amalia Chiovaro | Sport popolare in spazi pubblici: Mediterraneo Antirazzista 2013
Lascia un commento