Per migliaia di anni i contadini e le contadine, cioè i nove decimi della popolazione del pianeta fino a cent’anni fa, aspettavano con trepidazione il solstizio d’inverno perché rappresentava il momento in cui il sapore dell’attesa s’invertiva. Finito l’autunno, in cui le giornate si accorciano e il mondo vegetale lentamente si addormenta, il grande pendolo del sole ci ricorda che, nelle regioni temperate come la nostra, la natura comincia il suo lento risveglio che porterà all’esplosione della primavera. Intorno a questi temi, Franco Lorenzoni propone qui una meravigliosa ricerca per grandi e piccoli, capace non solo di legare scienze, storia, disegno, educazione ambientale, ma anche di ripensare la nostra relazione con il tempo, con la fatica dell’attesa dell’imprevedibilità. “Poiché regalarsi parole è il più significativo scambio di doni tra generazioni – scrive Lorenzoni -, penso che sostare intorno alla parola solstizio può stimolare un gioco che genitori e figli potrebbero fare insieme, dedicando del tempo all’attesa di qualcosa che avviene in cielo…”

Correte a mettere fuori le scarpe dalla finestra o dalla porta perché passa San Nicola… Questa attesa me l’hanno insegnata a scuola una bambina rumena e sua mamma, ma poi abbiamo scoperto che il santo di Bari è onorato in tutto l’est Europa fino in Russia e in Germania e in Olanda e in molti altri stati del nord. Le scarpe al mattino si troveranno piene di dolcetti, se siamo stati buoni, ma mi hanno raccontato che in alcune tradizioni delle montagne bavaresi il santo era accompagnato da un altro uomo che prendeva a bastonate chi era stato cattivo…
Per noi che abitiamo a nord dell’equatore si sta avvicinando il giorno più corto dell’anno, ma nessuno festeggia più il Solstizio di inverno il 21 dicembre. Eppure questa è una data davvero speciale perché da quel giorno il sole smette di passare ogni giorno più basso e vicino all’orizzonte a mezzogiorno, accorciando le giornate, e ricomincia a salire, aumentando le ore di luce.
Questa data è stata così importante fin da epoche remote che in queste settimane, in tutte le latitudini, si addensano e si aggrumano una gran quantità di feste delle più diverse tradizioni e religioni, a partire da quella dedicata a San Nicola, il vescovo ragazzino. È improbabile che Gesù sia nato a dicembre, ma dovendo scegliere una data per festeggiare la sua venuta al mondo Costantino, nel 330 d.C., scelse il 25 dicembre, giorno in cui nell’impero romano si festeggiava il Dies natalis Solis Invicti, cioè il giorno della nascita del Sole Invitto. Scelta che fu confermata da papa Giulio I sette anni dopo. Ma tradizioni e credenze persistono e si intrecciano come pare a loro al di là di ciò che decidono papi e imperatori, tanto che, oltre un secolo dopo, papa Leone I, nel sermone tenuto nel Natale del 460 d.C., si lamentava del diffuso sincretismo con queste parole: “È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto, che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei”.
Peccato per questa diffidenza papale verso il Sole, perché oggi la nostra stella più vicina la si onora solo in qualche tempio d’oriente. Eppure è proprio dal Sole, da questa concretissima stella che ha origine ogni energia e vita sulla Terra. Ed è osservandola con cognizione e affetto che forse dovremmo imparare, perché solo riuscendo a utilizzare al meglio la sua grande energia potremo scoprire come prenderci cura degli equilibri traballanti del pianeta Terra, la nostra unica casa comune, ormai in fiamme a causa della nostra miopia e cecità.
Torniamo dunque senza timore a onorare il Sole e le piante e ogni vivente e accorgiamoci con ogni nostro senso e intelligenza ad ogni età della generosità della natura, che rende possibile molteplici forme di vita sulla Terra. Del resto Talete – che sembra abbia scritto solo due libri: uno dedicato al Solstizio e uno all’Equinozio – oltre a essere uno straordinario matematico e astronomo, fu anche colui che per primo ha detto che “la cosa più difficile è conoscere se stessi”, che è fondamento di ogni buona filosofia.
L’occhiolino del sole
Nel corso dell’autunno abbiamo molte osservazioni che possiamo fare. La prima che propongo è molto semplice da organizzare e può dare luogo a discussioni molto interessanti. Per preparare questa osservazione del percorso del sole ritagliamo un quadrato da un cartoncino bristol (o di un altro cartone) possibilmente nero o scuro. I lati possono essere di circa 20 centimetri. Al centro de nostro quadrato di cartoncino ritagliamo un cerchietto che ha un diametro di circa 4 centimetri. Cerchiamo nella nostra aula o nella nostra scuola una finestra rivolta a sud (in genere le scuole hanno sempre finestre rivolte a sud, a sud est o a sud ovest, per via della migliore illuminazione). Sul vetro di questa finestra, a una altezza che può variare da 100 a 180 centimetri (meglio più in alto) incolliamo con dello scotch che tenga bene (perché deve stare lì attaccato fino a giugno) il nostro quadrato che ha al centro il buco che i bambini di Giove, la prima volta che lo abbiamo sperimentato, hanno chiamato occhiolino. Dalle 10 o 11 del mattino, se l’aula è rivolta a sud, vedremo apparire sul pavimento dell’aula un cerchietto di illuminato, contornato da un quadrilatero scuro. A qualsiasi età i bambini possono disegnare a terra con il gesso il rotondo dell’occhiolino. Se lo continuiamo a osservare ci accorgiamo subito che il nostro occhiolino luminoso si muove abbastanza velocemente.
Perché l’occhiolino si muove? In che direzione va? Quale percorso farà? Andrà dritto o andrà storto? Si avvicina o si allontana dalla finestra in cui è attaccato il cartoncino bucato? Dove arriverà? Possiamo porre queste domande o lasciare che bambine e bambini dicono la loro liberamente, di fronte al fenomeno osservato. Noi annotiamo con cura le risposte date ad età differenti non affrettando spiegazioni. Lasciamo per ora tutte le ipotesi e domande aperte. Se non ricordiamo nulla dell’astronomia studiata a scuola (spesso male) non ci preoccupiamo. Per ora non dobbiamo dare risposte ma ci limitiamo a giocare a osservare con i bambini qualcosa che man mano andremo scoprendo insieme.
Una domanda che ci possiamo fare durante l’osservazione è: la luce dell’occhiolino sul pavimento della classe, con il suo movimento che registriamo almeno ogni quarto d’ora, traccerà una linea retta o una curva? Andrà verso quale direzione? Se i bambini non hanno presente e non sanno dove sia il nord, il sud, l’est e l’ovest è meglio che per ora utilizziamo le direzioni che qualcuno può avere percepito direttamente con i suoi occhi, cioè la direzione da dove sorge il sole e la direzione dove tramonta. Possiamo anche mettere due cartelli in classe con scritto “Alba” e “Tramonto”, nelle pareti verso le quali sorge e tramonta il sole.
In città con case alte è più difficile, ma in luoghi aperti i bambini sanno o possono ricordare “da dove viene il sole alla mattina”, in questo caso possiamo ragionare domandandoci, dopo almeno due ore di osservazione registrata se il nostro occhiolino a terra va verso l’alba o verso il tramonto. È importante che questa registrazione duri almeno fino al mezzogiorno solare (che sono circa le 12 adesso che non c’è più l’ora legale).
Se registriamo le posizioni dell’occhiolino con il gesso è importante che, dopo, le ripassiamo con un pennarello indelebile (di quelli che scrivono sui CD o gli uniposca). È infatti molto importante che questa registrazione resti impressa sul pavimento perché ci dovremo ragionare su nelle settimane che seguono. È la nostra prima “lavagna del cielo” e va protetta.
Non ci preoccupiamo troppo del senso complessivo dell’esperimento, per ora. Insieme piano piano troveremo il senso di questa registrazione.
In ricerca per diverse settimane
Ci sono parole che per capirle bisogna fare un viaggio con gli occhi e sapere aspettare. Per arrivare alla parola solstizio possiamo cominciare oggi una ricerca che dovrà durare diverse settimane. La parola ha una lunga storia e nomina un evento celeste che scandisce le nostre vite, anche se non ce ne accorgiamo più. Per incontrarla chiedo ai bambini di dedicare, dai primi di dicembre, la loro attenzione al tramonto. Si tratta di scegliere una finestra da cui si può guardare il sole scendere e toccare la terra o, se non si vede da casa, di uscire e cercare un luogo aperto da cui si possa osservare il luogo dove tramonta il sole. È una sorta di caccia al tesoro che abbiamo sperimentato si può fare divertendosi ovunque, anche in città.
Una volta individuato il luogo dove si pensa che il sole toccherà la terra prendiamo un cartoncino, una matita, i colori e cominciamo a disegnare la linea dell’orizzonte che si profila davanti ai nostri occhi. A meno che non si abiti in faccia al Tirreno, non si distenderà orizzontale sul mare ma comparirà ai nostri occhi come una linea spezzata fatta di case, antenne, tetti, forse qualche albero o collina in lontananza. Anni fa Noemi, in terza elementare, notò che “le linee dritte sono tutte fatte dall’uomo, mentre la natura è tutta curve”. Una volta disegnato il tratto di orizzonte verso il tramonto che si vede dal nostro osservatorio, aspettiamo il fatidico momento in cui il sole tocca la terra e disegniamo, scegliendo bene i colori, il disco di luce che finalmente possiamo guardare senza strizzare gli occhi.
Dopo tre o quattro giorni torniamo al nostro osservatorio e, se abbiamo portato con noi il primo disegno, ci accorgiamo immediatamente che il sole non tocca la terra nello stesso punto. Il tramonto si è spostato! Se vogliamo ragionare anche su un altro elemento, segniamo in alto, nel nostro cartoncino, la data e l’ora esatta in cui il sole scompare dalla vista.“Per me l’orizzonte è infinito perché dietro quell’orizzonte ce n’è un altro e dietro a quell’altro ce n’è un altro”, ha detto Nisrin mentre lo disegnavamo qualche anno fa. “Per me l’orizzonte è il fondo che sta attorno a te, quello che c’è in giù sotto il sole”, ha aggiunto Alessandro, e Alessia ha concluso: “Secondo me l’orizzonte è una linea infinita perché più ti avvicini più si allontana, perché non puoi toccarlo”.
In quarta elementare dò come compito a casa per alcune settimane l’osservare e disegnare tramonti su cartoncini della stessa dimensione, che attaccheremo poi con lo scotch uno sotto l’altro. Collezioniamo così a dicembre le tracce colorate del lento scivolare del sole verso sinistra, su cui c’è un bel po’ da ragionare perché è spazio che ci racconta il tempo.
Il gioco è particolarmente intrigante perché ci sono numerosi ostacoli da superare. Se piove o se una nuvola copre proprio quel tratto di cielo, infatti, non possiamo far altro che aspettare. Stiamo compiendo una ricerca i cui tempi non siamo noi a determinarli e questo ritengo sia particolarmente educativo per i bambini oggi, che fanno fatica a confrontarsi con l’attesa, gli ostacoli e l’imprevedibilità.
Ora, poiché regalarsi parole è il più significativo scambio di doni tra generazioni, penso che sostare intorno alla parola solstizio può stimolare un gioco che genitori e figli potrebbero fare insieme, dedicando del tempo all’attesa di qualcosa che avviene in cielo. Settimana dopo settimana, se cominciate subito, vedrete il tramonto spostarsi sempre più verso sud-ovest fin quando, il 21 dicembre, il sole si fermerà perché da quel giorno, con stupore, lo vedremo tornare indietro verso destra, verso nord-ovest, passato il giorno più corto dell’anno.
Sol-stizio è una parola a due gusti, come il gelato crema e cioccolato. Ora finalmente possiamo intenderne il sapore partendo dai due suoni: sol sta per sole e stizio viene dalla parola latina sistere, fermarsi. Ed effettivamente, dal nostro punto di vista, il sole si è fermato e la cosa deve avere così stupito gli antichi che Talete dedicò al Solstizio uno dei suoi due libri, purtroppo perduti.
Il giorno in cui il sole si ferma…
Per migliaia di anni i contadini, cioè i nove decimi della popolazione del pianeta fino a cent’anni fa, aspettavano con trepidazione il solstizio d’inverno perché rappresentava il momento in cui il sapore dell’attesa s’invertiva. Finito l’autunno, in cui le giornate si accorciano e il mondo vegetale lentamente si addormenta, il grande pendolo del sole ci ricorda che, nelle regioni temperate come la nostra, la natura comincia il suo lento risveglio che porterà all’esplosione della primavera. Per scandire questo passaggio, intorno al 21 dicembre si addensano in tutta la terra feste dal potente valore simbolico, che ogni cultura ha declinato a suo modo fin dai primordi. Per i cristiani c’è il Natale, che ricorda la nascita di Cristo evocando ogni rinascita. Per gli antichi romani c’erano i saturnali dedicati a Saturno-Cono, il terribile dio del tempo. Una settimana di festeggiamenti scatenati in cui l’ordine era sovvertito e gli schiavi (probabilmente solo alcuni schiavi) potevano comportarsi temporaneamente come uomini liberi in una sorta di anticipazione del carnevale medioevale. Se qualche mamma o papà avrà la possibilità e il desiderio di perdere tempo con sua figlia o suo figlio a inseguire tramonti, scoprirà la radice astronomica della festa più amata dai bambini.
Grazie, da un nonno.
Giovanni