Don Pasta
Mangiare è come respirare. Senza si muore. Non può e non potrà essere una cosa trattata alla leggera. Non potevo arrogarmi il diritto di raccontare la cucina italiana da solo, né ne sarei stato in grado. Doveva essere una cosa corale, perché corale è la cucina. Avevo paura prima di iniziare. Paura che tutto fosse perso di una cucina familiare che nessuno ha più voglia di fare. Che a mio figlio non potessi lasciar nulla di tutto ciò che avevo ricevuto in dono nell’essere uomo di sud, uomo d’Italia. Ho iniziato a esplorare questo mondo piano piano, chiedendo l’ovvietà di una pasta con le vongole, la complessità di un brasato e scoprire che quello scrigno è ancora custodito in ognuno, che tutto è li, intatto, come un tesoro in fondo al mare. Come Artusi mi sono appellato a tanta gente ed è stato bello ricevere ricette senza grammi, senza indicazioni, come si fa quando si parla d’amore.
Di fondo a nessuna delle persone che mi ha scritto interessava darmi delle indicazioni precise. Ma a ognuno interessava offrirmi le parole belle che ognuno sa usare nel parlare della propria cucina. Ognuna fatta di appartenenze, viaggi, partenze, fughe e ritorni, di emigrazioni, malinconie e felicità tutte racchiuse in quei ricettari familiari. Mi parlavano di qualcosa di intimo, fragile, qualcosa che potrebbe scomparire da un momento all’altro e si stringe forte. E non c’era nulla di malinconico, patetico in quelle lettere.
Ma c’è un problema. Nulla è per sempre. Bisogna scegliere tutti assieme se valga la pena conservare un patrimonio infinito o se lo si osservi scomparire a furia di reinventare, alleggerire, infiocchettare. Che il cibo resti lontano dalle mode, dai tecnicismi, che resti linguaggio di ognuno. Che ci si accorga in ogni istante della storia che c’è dietro. Perchè il patrimonio della cucina italiana è gigantesco, bello, fatto del sudore della gente di montagna, di altra affacciata al mare, gente che ha avuto fame e raccolto erbe selvatiche e lumache per nutrirsi, gente che è andata via con il dolore atroce del non sentire più i profumi della terra che gli ha dato nascita e riprodurli testardamente in qualsiasi parte di mondo.
Patrimonio fatto di donne che hanno retto l’Italia intera, piegate dal dolore e dalla stanchezza, che hanno caricato chili di limoni, di formaggio, raccolto riso nell’acqua e fatto figli grandi e forti. Che resti cibo dell’anima dunque, cura, profonda cura per i nostri cari in quell’offrire qualcosa che si ama a qualcuno che si ama.
A mio figlio, a ogni bimbo e bimba, che sappiano che una delle rivolte più belle è quella di non accettare di essere mai uguali agli altri e che per farlo è bello conservare ogni singola traccia delle diversità della cucina italiana, che è lo strumento più prezioso che abbiamo ricevuto per sapere che nella vita non ci si deve omologare mai passivamente alle regole, alle abitudini, alle leggi imposte, alla globalizzazione dei gusti che ogni cosa cancella. Perchè la cucina italiana nel suo esser cucina geniale a partire da poco, ha aiutato a vivere con dignità nella disoccupazione, nelle ingiustizie, nelle emigrazioni, durante regimi infami, nella guerra, nella fame.
Proteggiamoci, soffriggete.
Donpasta
Artusi Remix
Viaggio nella cucina popolare italiana
Dal 4 novembre in tutte le librerie. Mondadori
Don Pasta è un dj, economista, appassionato di gastronomia. Il suo primo progetto, “Food sound system” è divenuto un libro, edito da Kowalski, e uno spettacolo multimediale, che gira il mondo da ormai dieci anni. A questo ha fatto seguito nel 2009 “Wine Sound System” sempre edito da Kowalski. Nel febbraio 2013 è stato pubblicato il suo terzo libro: “La Parmigiana e la Rivoluzione” per Stampa Alternativa. Scrive regolarmente per giornali e riviste e ha collaborato con Smemoranda, Alias, Fooding, l’Università degli studi gastronomici di Slow Food, CasArtusi. Organizza a Roma il Festival Soul Food con Terreni Fertili e a Toulouse, dove vive, l’Academie des Cuisines Metisses.
DA LEGGERE
Don Pasta è un visionario e un artigiano. Ha musicato l’odore del soffritto in teatro facendo gridare le platee di mezza Europa. Lo abbiamo incontrato per fare il pane insieme e per conversare di cibo, John Belushi e rivoluzioni
Relazioni di fiducia intorno al cibo
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