Storie e fatiche raccontate senza enfasi, senza folle applaudenti, senza leaderismo. Storie di relazioni sociali, di migranti e non, di murales e carciofi, di cascine isolate e taxi sociali, di festival improbabili e striscioni multilingue… Storie concrete maturate nei territori e destinate a costruire passo passo una società diversa, ma destinate anche ad essere invisibili e invise alla politica dei piani alti. La Rete dei Comuni solidali ha scelto di abbracciare ancora di più associazioni, comunità e cittadini ed è diventata Rete della Comunità solidali. Naturalmente non ha smesso di condividere esperienze, aprirsi al mondo e seminare speranza
[Fonte: Volere la luna]
A guardare in giù, dal belvedere di Polizzi Generosa, novecento metri di altitudine, si presenta l’estensione del parco delle Madonie. Di sera, quando c’è la nebbiolina, la sensazione è che il paese sia sospeso in quella che i polizzani (tremila abitanti) chiamano “maretta”.
Polizzi paese nativo di Domenico Dolce. Lo stilista della casa di moda Dolce &Gabbana deve condividere i natali con Giuseppe Antonio Borgese, accademico, germanista, drammaturgo e con l’attore Vincent Schiavelli che ha voluto tornare al suo paese gravemente malato dove poi è stato sepolto.
La prima assemblea della Rete dei Comuni solidali (Recosol) è stata organizzata a Polizzi nel 2004 e da allora sulla facciata del Municipio c’è una targa che lo ricorda. Poi tanta acqua (e amministrazioni) sono passate fino ad arrivare a quella guidata da Gandolfo Librizzi che quest’anno ha voluto riproporre l’incontro. Nel frattempo la rete è diventata Rete delle Comunità Solidali, agli incontri hanno partecipato amministratori ma anche associazioni, esperienze di territori, cittadini. I voli che hanno atterrato a Punta Raisi arrivavano dal Veneto, dalla Sardegna, dal Lazio, dalla Campania, dalla Toscana e dal Piemonte e poi arrivi dalla Calabria e dalla Sicilia. Per due giorni c’è stato (dentro e fuori al convegno), uno scambio continuo di idee e progetti.
È stata raccontata, ad esempio, la Street Art messa in piedi dai Comuni delle colline del mare nel Monferrato. Capofila del progetto Chiusano d’Asti (187 abitanti) e una grande capacità dei suoi amministratori di fare rete a partire da quello che unisce. “Cinque milioni di anni fa da noi c’era il mare, sono stati trovati dei reperti importanti: balene”, racconta Marisa Varvello che ha lavorato perché i murales fossero distribuiti in tutti i territori e al progetto partecipasse il Distretto di Paleontologia dell’Astigiano ma anche il Piam onlus che gestisce l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati nei diversi Comuni. È nata in questo contesto l’idea di organizzare un Taxi sociale (titolo del libro pubblicato da Recosol con la racconta di 54 Storie). Taxi sociale è un servizio gestito (non a caso) da un migrante che risolve difficoltà a tanti anziani che vivono in cascine isolate e hanno bisogno di spostarsi.
Un problema, quello dello spopolamento aree interne, presente in tutte le regioni. Dal Casentino (Toscana) l’assessora Giovanna Tizzi del comune di Poppi ha presentato la rete di accoglienza che opera da quindici anni e coinvolge tutti i dieci comuni della zona. L’esperienza di Refugees Welcome si occupa di accoglienza in famiglia e viene descritta da Loris Ramazzina, assessore di Este che lavora a Padova per indicare le possibilità ai tanti ragazzi usciti dai progetti che, raggiunta la maggiore età, non sanno come orientarsi. L’importanza di fare rete è stato il filo conduttore di tutti gli interventi. Giovanni Mannoccio ha parlato del Festival delle Migrazioni nato ad Acquaformosa (Cosenza) e da quest’anno proposto in sette Comuni tutti con un’appartenenza importante arbëreshë.
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Amministrazioni impegnante in progetti di accoglienza che hanno potuto contare nel tempo su 78 nazionalità e circa 1.400 ospiti. I progetti hanno permesso assunzioni a 150 giovani operatori che hanno così evitato l’emigrazione per cercare un lavoro, un dato significativo: l’80 per cento del personale sono donne. Anche al comune di Caltagirone (Sicilia) sindaco Fabio Roccuzzo, sono stati avviati dei progetti di accoglienza. “A pochi chilometri da noi abbiamo vissuto l’incredibile vergogna del Cara di Mineo finalmente dopo otto anni chiuso, aveva raggiunto anche quattromila persone rinchiuse come fosse un carcere”. Roccuzzo vuole portare nuova energia nella sua comunità e ha istituito per i cittadini anche il “baratto amministrativo” che consente di pagare i debiti con servizi sociali”. Enrico Pusceddu già sindaco di Samassi (4.800 abitanti), Sardegna, ha raccontato come sia stato possibile far conoscere, rendere visibile a tutti la presenza di persone provenienti da altri Paesi. “Per le feste natalizie abbiamo costruito uno striscione con quindici lingue diverse. Per la pandemia ci siamo poi attrezzati per cercare di far vaccinare tutti e abbiamo chiesto a medici, infermieri, farmacisti di lavorare oltre il solito orario, in cambio abbiamo regalato casse di carciofi che sono state regalate da agricoltori. Samassi è la capitale dei carciofi li esportano in tutto il mondo. Siamo riusciti a organizzare una Hub per vaccinarsi e venivano anche dai Comuni vicini”.
Gli interventi che si sono susseguiti avevano comunque l’ombra della data delle elezioni. La preoccupazione palpabile di tutti è che la “nuova politica” entri a gamba tesa per smembrare il sistema di accoglienza e renda tutto più difficile. Franco Balzi, sindaco di Santorso (Veneto), ricordando il grande lavoro nei mesi scorsi, proposte e documenti prodotti per tentare di avere una interlocuzione con l’Anci, si rammaricava del fatto che, al di là della spada di Damocle delle elezioni, non sia stato fatto nulla dall’attuale Governo per mettere in sicurezza la gestione dei progetti.
Giovanni Maiolo presidente di Recosol decide in corso d’opera di modificare il suo intervento per raccontare gli sbarchi continui sulla costa ionica. Impossibile ricordare tutti gli interventi, a cascata, con grande passione come quello di Alessio e Francesco due operatori di Scisciano comune campano dove niente è facile e la ricerca di un lavoro per un ospite del progetto diventa totalmente impossibile da trovare in sei mesi come stabilito dalle norme SAI (Sistema accoglienza integrazione).
Storie e fatiche raccontate senza enfasi, senza folle applaudenti, senza leaderismo. Storie concrete destinate a costruire passo passo una società vivibile, ma anche destinate ad essere totalmente invisibili dalla politica dei piani alti. Ne sanno qualcosa i frati della comunità di Danisinni, uno dei cinque quartieri di frontiera di Palermo. Fratel Mauro trascina con i suoi racconti tanto che prima di partire il gruppo decide di fermarsi per vedere direttamente il miracolo che stanno compiendo utilizzando la Street Art fra case fatiscenti e vite in difficoltà. Arte e giocolieri, un grande spazio ospita un tendone e due volte al mese artisti di strada presentano spettacoli. Vicoli stretti, motorini che sfrecciano e si fermano per parlare alla pari con fratel Mauro, quasi un codice, riconoscendogli un ruolo concreto in quel quartiere. Impossibile elencare tutti i progetti, in quella che viene definita rigenerazione umana e urbana.
Da diversi anni, tra le altre cose, Recosol insieme alla redazione di Comune ha aperto uno spazio per raccontare ogni giorno l’universo delle migrazioni e dell’accoglienza diffusa: Benvenuti Ovunque.
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