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Conversione nonviolenta. Contro e oltre la guerra

Riccardo Troisi
10 Giugno 2012

Dopo tre giorni di confronto, si è chiuso domenica 10 giugno a Roma il Forum «Pace e Giustizia al tempo delle Crisi». Sono stati tre giorni intensi, non scontati, pieni di spunti sui quali poter lavorare in futuro, ma nello stesso tempo, al di fuori si ogni retorica, sono emerse le complessità di questa fase di crisi. Complessità e crisi alle quali i diversi movimenti che credono nei valori della pace a «360 gradi» non possono e non devono sottrarsi. Questo, ad esempio, significa che non sarà più possibile affrontare alcune questioni cruciali come l’estensione del conflitto non solo nel campo militare ma in quell’economico sociale e ambientale, utilizzando metodi e strategie che non sono più adeguati a contrastare ciò che accade in Italia e in giro per il mondo. Occorre dunque superare un visone del pacifismo limitata all’antimilitarismo, che pure resta parte fondamentale. Ma occorre davvero andare oltre, non farsi rinchiudere in una nicchia che fa comodo a molti (all’esterno ma perfino all’interno del movimento per la pace), fa comodo ad esempio a coloro che hanno voluto farci credere che il pacifismo era la seconda potenza mondiale e a coloro che allo scoppio di una nuova guerra chiedono «dove sono i pacifisti?».

Insomma, alcuni lo hanno detto in modo diverso durante il forum, abbiamo l’esigenza di produrre un cambiamento culturale profondo in grado di farci uscire da logiche note e disarticolate che hanno segnato la frammentazione, la debolezza e l’autoreferenzialità di buona parte di questi movimenti. Per questo bisogna ragionare insieme su come uscire dalla nicchia del pacifismo tradizionale. Il vecchio modello della sola risposta emergenziale di opposizione alle guerre guerreggiate e ai conflitti scoppiati va messo da parte. Come diceva Alex Lager ormai vent’anni fa, bisogna costruire una strategia di prevenzione che impegni il movimento della pace in un’azione ampia e plurale, che oggi deve passare per la strada del disarmo, per l’economia di giustizia, per la difesa dei diritti sociali e ambientali, potendo contare per altro su diverse pratiche e sperimentazioni che, pur tra limiti e contraddizioni, altri movimenti hanno avviato nelle città e nei territori (come racconta questo sito per Roma e il Lazio). Non è facile ma bisogna sapere andare «contro» e «oltre»: sono i due volti della medaglia del pensiero critico.

Questo Forum ha il merito di aver provato ad aprire una discussione vera su questi temi e su altri, partendo dalla constatazione che la crisi dei paradigmi dell’attuale modello di sviluppo individualista, nonostante tutto, può essere un’occasione per il movimento della pace. Un’occasione per ripensarsi, per proporre e avviare nuove strategie di «conversione nonviolenta» intrecciando le tantissime esperienze sociali di pace che animano i nostri territori, per allargarsi poco a poco ad altri pezzi di società. Contro e oltre.

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