di María Rosa Jijon*
La resistenza contro i progetti di estrazione petrolifera nella Riserva mondiale della Biosfera dello Yasunì, in Ecuador, è alimentata ogni giorno da comunità rurali e indigene e da organizzazioni ambientaliste. La loro protesta ha fatto il giro del mondo in agosto dopo la decisione del governo di sinistra di Rafael Correa di dare il via libera alle trivellazioni, con la scusa del fallimento dell’accordo internazionale per preserveare quest’area di straordinaria biodiversità. Maria Rosa Jijon, da poco nominata direttrice del Museo nazionale di Arte contemporanea di Quito, ha intervistato per Comune Miguel Alvear, artista visuale e cineasta ecuadoriano che ha promosso la campagna di comunicazione “Unoxmil” in difesa della Riserva e degli indigeni.
Quando hai deciso di iniziare Unoxmil e quando terminerà il progetto? Raccontami un pò della tua opera.
Nel 2004 ho realizzato una serie fotografica chiamata Intercambio Cultural con la quale ho portato in uno studio fotografico un petroliere, un missionario, un uomo indigeno Waorani che incontravano me in quanto fotografo. Ognuno di noi rappresentava personaggi “tipo” in negoziazione e conflitto costante nell’Amazzonia ecuadoriana. Ognuno di noi si è fatto ritrarre con i propri vestiti, e poi uno con il vestito dell’altro. Quando abbiamo dovuto farci ritrarre con gli indumenti dell’uomo Waorani, quello che abbiamo fatto, in realtà, è stato di toglierceli di dosso. Quando il presidente Correa ha annunciato la sua decisione di approvare lo sfruttamento petrolifero nel Parco nazionale Yasunì, territorio nel quale abitavano gruppi non contattati, o in isolamento quali i Taromenane, ho pubblicato la mia immagine di Waorani come atto di solidarietà verso di loro e come forma di protesta. L’immagine è divetate virale e facebook ha preferito censurarla perché era stata denunciata come pornografica. Alcune persone mi hanno detto che volevano farsi fotografare alla stessa maniera e così è nato il progetto UnoxMil.
Il governo ecuadoriano assicura che lo sfruttamento petrolifero impatterà solo sull’uno per mille del territorio del Parco Yasunì. Ho fatto un calcolo e ho scoperto che il gruppo Taromenane rappresenta l’uno per mille della popolazione dell’Ecuador. Quindi mi sono reso conto di un paradosso macabro: l’impatto sull’1 per mile dello Yasunì sarà un fattore determinante per la sparizione dell’1 per mille degli abitanti di questo paese, i Taromenane.
Chi sono i protagonisti delle fotografie? Come li contatti?
Sono tutti volontari che contatto attraverso le reti sociali e il blog unoxmil.com.
Pensi che il tuo lavoro possa essere uno strumento di pressione politica con il quale sostenere i popoli minacciati dal progetto di estrazione petrolifera?
Mi rendo conto che nel fare le foto, sto anche aiutando a creare una comunità. Se ognuna di queste persone si impegnasse attivamente a fare pressione sul governo questo può avere un effetto reale. D’altro canto, è in gioco una contrapposizione di significati. La propaganda del governo è tra le più grevi e manipolatrici e ho sentito la necessità di portare lo scontro sul terreno simbolico, che è il mio terreno d’artista. Credo che sia importante anche mettere in gioco il capitale politico che ha Correa in Europa come presidente progressista e legato alla causa indigena e dell’ambiente. Le persone si sorprendono molto nell’apprendere che è da lui che è partita l’intenzione di entrare nello Yasuni, violando, tra l’altro, vari articoli della Costituzione ecuadoriana.
Che spazio di diffusione vuoi che abbiano le tue foto? La rete? I musei? Una pubblicazione?
Il progetto è molto recente, ha meno di un mese. Per ora stiamo pubblicando le foto sul web. Mi restano da fare ancora 945 ritratti. Questa è la mia priorità per ora, i musei possono aspettare.
Miguel Alvear Artista visivo, cineasta e promotore culturale. Dal 2001 dirige la casa di produzione Wilman C. Chicha con la quale ha sviluppato vari progetti audiovisivi, espositivi ed editoriali. E’ direttore di progetti e membro del comitato editoriale della Fundación Cultural Ochoymedio (2002-2013). Nel 2009 ha pubblicato il libro “Ecuador Bajo Tierra” sulla videografia popolare in Ecuador e dirige il festival omonimo. Ha rappresentato l’Ecuador nella 55ma Biennale d’arte di Venezia.
María Rosa Jijon è un’artista nata a Quito in Ecuador, dove ha studiato nella facoltà di Arte dell’Università Centrale, per poi specializzarsi a Cuba e in Svezia, occupandosi si serigrafia, incisione, video e fotografia (un suo video sui temi dell’indipendenza dei paesi latinoamericani è stato ospitato alla Biennale di Venezia 2011). In Italia da oltre dieci anni, ha lavorato come mediatrice culturale e ha collaborato con associazioni di migranti e movimenti europei e internazionali. E’ stata recentemente nominata direttrice del Museo nazionale di Arte contemporanea di Quito.
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UN VIDEO:
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Lasciamo sottoterra una parte di petrolio, carbone e gas per far respirare la terra, dicono alcuni movimenti di resistenza del Delta del Niger (foto) e del parco Yasuní (da cui «yasunizzare»), in Ecuador. Un incubo per le multinazionali, una speranza per milioni di persone
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Ondanks dat ik zelf niet veel heb met Karin Bloemen vind ik het jammer dat zij in bovenstaande tekst zo neergezet wordt.Wat steken naar Becel of naar politici zouden meer op zijn plaats zijn.