di Rosetta Cavallo*
“Dal Ghana? Ma è in Africa! Ma come faremo a parlare con lui, a capirlo e a capirci? Come farà a chiederci le cose importanti se non sa parlare l’italiano e forse neanche l’inglese? Cosa farà nell’ora di religione se lui è un musulmano? Come farà ad imparare tutte quelle cose che noi abbiamo già imparato? E come si sentirà se noi non saremo in grado di aiutarlo?”. Queste le domande che mi hanno rivolto i bambini quando ho detto loro che lunedì sarebbe arrivato nella nostra classe Safiyatu, un bambino ganhese di nove anni.
Qualcuno ha esultato , qualcun altro si è incupito. Tutti preoccupati. Ciascuno per motivi diversi, motivi altruistici o egoistici. I bambini, quelli più pronti all’incontro ed al confronto e desiderosi di scoprire temono le difficoltà in cui Safiyatu potrebbe imbattersi. Altri, presi da maggiore individualismo, temono per se stessi, per il dover condividere giochi, esperienze, maestre. Temono che vengano offerte loro minori attenzioni perché qualcun altro che ha più bisogno potrebbe avere la precedenza.
E così, ancora una volta, nell’ ambiente scolastico il bambino sperimenta la sua dimensione sociale, si confronta, mette in gioco le sue competenze, esprime le sue esigenze, le sue gioie, i suoi timori, i suoi punti di forza o di debolezza. Si relaziona con gli adulti e con gli amici, e non vorrebbe certo ammettere che non è completamente pronto ad accogliere un nuovo compagno. Eppure, sa che per mantenere le sue amicizie, per affrontare il quotidiano, per convivere in qualsiasi comunità in modo pacifico, deve imparare a controllare anche quegli atteggiamenti chiusi, come un eccessivo egocentrismo o un’esasperata possessività, che magari in famiglia possono essere tollerati ma non in società, non in una comunità educante.
Ancora una volta, gli insegnanti sono chiamati ad “equipaggiare i motori della barca”.
“Educare è equipaggiare il motore di una barca…
Serve prendere le misure, pesare, equilibrare…
e mettere tutto in funzione.
Ma per questo si deve avere nell’animo un po’ del marinaio… un po’ del pirata… un po’ del poeta… e un chilo e mezzo di pazienza concentrata.
Ma è consolante sognare, mentre si lavora, che quella barca, quel bambino, prenderà il largo, se ne andrà lontano.
Sognare che quel bastimento porterà il nostro carico di parole verso porti distanti, verso isole lontane.
Sognare che quando si sarà messa a dormire la nostra barca, nuove barche porteranno inalberata la nostra bandiera”.
Gabriela Mistral, poetessa, educatrice e femminista cilena
Ancora una volta, prendiamo le misure, pesiamo, equilibriamo, aiutiamo ad allargare gli orizzonti e puntiamo verso isole lontane concentrandoci su ciò che vogliamo che i nostri bambini imparino e conquistino nella loro permanenza scolastica e lungo le strade del mondo.
Ancora una volta, sappiamo quanto sia importante insegnare loro leggere, scrivere e far di conto perché rappresentano le abilità d base su cui poggiano tutti gli altri apprendimenti. Ma siamo perfettamente consapevoli che non è tutto. Noi vogliamo che imparino il senso della bellezza, della giustizia, della solidarietà e della sensibilità. E così ci prodighiamo per aiutarli a rinsaldare valori importanti come l’aiuto, il rispetto reciproco, l’altruismo, l’amicizia e far superare loro eventuali egoismi, prepotenze o prese di posizione irragionevoli.
Ancora una volta, proviamo a spezzare le catene, a stimolarli nel cogliere la bellezza delle differenze, il valore dei colori e delle sfumature. Speriamo che i loro occhi si aprano alla luce e allo splendore della sensibilità e generosità d’animo.
Ancora una volta, sappiamo che dobbiamo prepararli alla vita, supportarli nella crescita, far ascoltare e contemplare loro punti di vista differenti.
Agli adulti è affidata la grande responsabilità dell’educazione, ai bambini la speranza di essere costruttori di un mondo migliore.
Perciò, dopo aver ascoltato attentamente tutti, ho ribadito loro che imparare a comprendere l’altro, a rispettarlo, è molto più importante di qualsiasi altro apprendimento. Ho ribadito loro cosa voglia dire empatia, questo termine un po’ difficile che vogliamo far rientrare a tutti i costi nel nostro linguaggio perché ci permette di arricchirci lessicalmente ma soprattutto spiritualmente. Ho ribadito loro che qualunque bambino arrivi nella nostra classe non potrà distogliere le maestre dall’ attenzione che avranno sempre per tutti ed ognuno di loro. Ho ribadito loro che qualunque sia il Dio a cui si crede la sola cosa importante è rispettarsi. La cosa importante è non fare mai del male a nessuno, musulmano o cristiano, credente o meno.
Concetti per cui mi batto e per cui spendo quotidianamente tempo ed energie perché so che non è certo tempo sottratto alla buona scuola.
Il tempo utilizzato per aiutare i bambini a comprendere, a scoprire, a favorire l’ascolto reciproco, a confrontarsi, a collaborare, a trovare soluzioni condivise e soprattutto a sviluppare comportamenti sociali positivi e rispettosi delle diverse visioni del mondo credo sia il tempo speso nel migliore dei modi.
Un tempo che aiuta tutti a riflettere e a crescere meglio.
Ed il mio tempo è stato ampiamente ripagato perché a fine lezione la notizia della presenza del nuovo compagno è stata disegnata da tutti, nessuno escluso, con colori di particolare bellezza e luminosità, colori allegri e festosi che tanto invitano alla positività, all’amore, alla fiducia ed alla speranza di costruire un futuro migliore. Un futuro che tende a quell’armonia di un mondo che troppo spesso ci riempie e ci umilia con tantissime note stonate.
Il tempo da me speso è servito a tutti i bambini per comprendere che non sarà difficile accogliere e comunicare con Safiyatu, anche se per un po’ non capirà l’italiano sarà comunque in grado di comprendere la nostra “lingua” perché sarà accolto con sorrisi ed abbracci, che da sempre sono un linguaggio universale. Un linguaggio che parla di amore, rispetto, fratellanza, solidarietà. Tutto ciò che occorre ad ogni bambino ed ogni adulto per prendere il largo ed andare lontano.
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