Di fronte alle diverse forme di violenza e di dominio c’è prima di tutto un grido di rabbia e di rifiuto: No! Quella negazione – come per lo Ya basta dell’insurrezione zapatista – non è il frutto della rassegnazione, ma della speranza che le cose potrebbero andare in altri modi. Anche il movimento di Genova 2001 nasceva da un No, quello al Nuovo ordine mondiale e ai suoi vertici. La prima aggressione contro il movimento dei movimenti prese forma nel linguaggio, quando grandi media e politica istituzionale inventarono l’etichetta No global, bizzarra per un movimento altermondialista. «Ci chiamavano “No global”, ma ci eravamo presi il mondo…», scrive Luca Casarini nell’introduzione (di cui pubblichiamo ampi stralci) a Rincorrere il vento (L’Incisiva), un romanzo di Gianluca Peciola. Il libro racconta di un gruppo di ragazzi romani che nell’estate di vent’anni fa si prepara al controvertice con l’aspettativa di una esperienza straordinaria, per ritrovarsi al centro di una violenza che cambia le loro vite. La guerra e la crisi permanente, in più declinazioni, erano già allora – scrive Casarini – i presupposti indispensabili per quel tipo di Nuovo Ordine Mondiale, “che oggi ci appare in tutta la sua fragilità e violenza…”
Tratta da carlogiuliani.it
Con Gianluca ce la siamo vissuta insieme Genova. E quello che avete tra le mani è un racconto di vita innanzitutto. Impastato di sangue, lacrimogeni, sudore, di occhi incollati che devono aprirsi troppo presto all’alba di un picchetto, di occhi che si chiudono stretti davanti alla paura che ti entra dentro, ti assale e si prende ogni cosa di te. Il paradosso è che ci chiamavano “No global”. Sapevamo che mai etichetta poteva essere più sbagliata, politicamente e culturalmente, per quel flusso di movimento planetario nel quale stavamo camminando, correndo, respirando. Più “global” di quello che eravamo in quel momento non ci poteva essere niente. La nostra tradizionale diffidenza, tipica di un paese che rimane sempre troppo ancorato a sé stesso come l’Italia, per tutto ciò che si svolgeva troppo lontano dai nostri corpi, dai nostri quartieri, dalle nostre città, era stata spazzata via pezzo dopo pezzo a cominciare dall’incredibile insurrezione zapatista del 1994 (…).
Ci chiamavano “No global”, ma ci eravamo presi il mondo. Nella passiva o benevola accettazione di quel “No global”, è quel No che in fondo ci piace. Come il Ya Basta! Negazione. Non accettazione, insubordinazione, disobbedienza. Il No è per noi costituente. Tanti secoli di rivoluzioni e di ribellioni hanno avuto sempre il loro No. Per noi il No che assume le caratteristiche di quello che vogliamo essere, e cioè “nuovi, ma quelli di sempre”, prende forma a Seattle, il 30 novembre del 1999. Al vertice del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) per la prima volta in maniera così compatta e forte, accade il rifiuto a sedere allo stesso tavolo dei potenti, anche per criticare, ma seduti lì, come tribuni dell’autoproclamato “Senato del Mondo Unico” ai quali è concesso il diritto di parola. Il tema non è più la critica, ma diventa il rifiuto e il rifiuto diventa immediatamente azione per impedire il vertice. È il manifestarsi dell’idea di contropotere, e non semplicemente quella di critica al potere. A Seattle si afferma la pratica e il pensiero di un movimento costituente che comincia a deliberare le proprie leggi: il WTO non può tenersi, voi potenti non potete decidere su miliardi di esseri umani. E noi siamo legittimati, e cerchiamo continuamente questa legittimazione parlando al mondo, per tentare di impedirvelo. È così che la stagione dei grandi vertici, pensati come palcoscenico del Nuovo Ordine Mondiale post muro di Berlino, diventa la scena sulla quale fare irruzione.
APPUNTAMENTI Genova 2001 / 2021
Pensavamo, allora, presi dal vortice dell’azione, che quel movimento straordinario e globale combattesse la sua battaglia nel pieno della “belle époque” del liberismo e del capitalismo finanziarizzato globale. Avevamo fatto male i nostri conti. La progressiva separazione di quel nuovo stadio del capitalismo dalla dinamica democratica storicamente determinata anche in occidente, doveva dirci qualcosa… La guerra e la crisi permanente, in più declinazioni, era in realtà la condizione unica possibile per quel tipo di Nuovo Ordine Mondiale che oggi ci appare in tutta la sua fragilità e violenza. Quello dei grandi vertici giocati come vetrine nel cuore delle città, era solo la manifestazione della necessità di creare un immaginario di “governo” della politica, nel pieno del dispiegarsi invece della voracità incontrollabile per chiunque, dei mostri creati nei laboratori della finanziarizzazione. La Guerra, come unica espressione del comando, ce l’hanno scaricata addosso a Genova, uccidendo un nostro fratello, Carlo, in mezzo a quelle strade, torturando i prigionieri, massacrando fisicamente e poi politicamente attraverso la criminalizzazione, quel movimento.
Grazie a Gianluca, che con il suo scritto dà forma e sembianze a quell’odore di lacrimogeni, paura, entusiasmo, frustrazione, gioia e rabbia di cui solo i movi-menti veri sono intrisi. Quell’odore, per chi di noi ha vissuto, non passa mai, ed è difficile descriverlo. Il mio, quello che ho addosso da allora, si mescola oggi a quello del mare, del vento che viene dalla Libia dove tanti fratelli e sorelle gridano aiuto e provano a scappare dai campi di concentramento. Ho fatto così perché l’odore di Genova non mi soffocasse: l’ho mescolato ad altro, qui ed ora, e sempre, quando chiudo gli occhi un attimo, Genova è con me senza farmi troppo male.

Genova 2001. Un gruppo di ragazzi romani si prepara al controvertice del G8. Partono per Genova con l’aspettativa di una esperienza straordinaria, per ritrovarsi al centro di una violenza che cambia le loro vite. Scritto da Gianluca Peciola, che ha vissuto quelle vicende di luglio 2001 in prima linea, il romanzo Rincorrere il vento (L’Incisiva) racconta il clima dei movimenti sociali di vent’anni fa. Il libro è arricchito dalle illustrazioni di Arcangela Dicesare. Il ricavato verrà destinato alla Ong Mediterranea
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