Alla fine, il tanto temuto colpo di coda è arrivato. Nonostante la coraggiosa opposizione della Vallonia, il vertice Europa-Canada ha approvato d’urgenza il trattato di liberalizzazione commerciale tra le due aree, Ceta. Le conseguenze del Sì sarebbero nefaste per molte e diverse ragioni ma la via per spianare definitivamente la strada alla rimozione di regole e controlli che dovrebbero tutelare la salute e i diritti dei cittadini è ancora irta di ostacoli. Non è affatto detta l’ultima parola. Il 5 novembre, intanto, la Giornata globale di resistenza contro il potere delle multinazionali, in molti Paesi d’Europa sarà un “No Ceta day”, per fare pressione sul Parlamento europeo che sarà chiamato, entro fine anno, a votare o bocciare il trattato prima della ratifica da parte degli Stati membri
di Monica Di Sisto*
La Vallonia alla fine ha ceduto: il vertice Europa-Canada convocato d’urgenza domenica a Bruxelles ha approvato il trattato Ceta di liberalizzazione commerciale tra le due aree, la regione belga che contiene la capitale dell’euroburocrazia ha autorizzato il suo governo a consentire alla Commissione europea di approvarlo. Per due settimane, infatti, il premier vallone Paul Magnette ha appoggiato le richieste delle associazioni, dei sindacati e delle imprese che chiedono ai propri governi di fermare il Ceta proprio come il Ttip: analogo accordo che l’Europa non riesce a chiudere con gli Stati Uniti a causa dell’ondata di contrarietà e imbarazzanti dettagli emersi grazie al lavoro di controinformazione e pressione di migliaia di associazioni, sindacati e imprese delle due sponde dell’Atlantico. Il Ceta, per di più consentirebbe alle oltre 40mila grandi imprese Usa che hanno consociate in Canada – tra cui giganti dell’agroalimentare come Coca Cola, McDonald, Cargill, ConAgra foods – di ottenere gli stessi privilegi che garantirebbe loro il Ttip: la possibilità di influenzare la formulazione e l’applicazione di regole e standard che limitino i loro profitti e la facoltà di citare i nostri Stati in giudizio, con il meccanismo dell’Investment Court System o Ics, se si sentissero danneggiate dalle regole democratiche.
Nel rapporto “Butta quella pasta” appena pubblicato dalla Campagna Stop Ttip Italia, si prevede un ingresso massiccio di grano e di pasta canadesi, carichi di tossine e di residui di diserbante. Le nostre leggi sui limiti alla presenza di tossine nei cereali, infatti, sono stringenti e in Italia, dalla scorsa estate, è vietato irorrare i campi, ma anche i parchi pubblici e i giardini delle scuole con il glifosato, ingrediente chiave del diserbante Roundup, prodotto di punta del colosso agroalimentare Monsanto, dopo che l’Organizzazione mondiale della Sanità l’ha definito ‘probabilmente cancerogeno‘. Questo massiccio ingresso di grano d’Oltreoceano, inoltre, deprimerebbe ancora di più i prezzi per i produttori e quindi aggraverebbero il rischio chiusura per quelle 300mila aziende agricole italiane che già oggi lottano per rimanere aperte.
*vicepresidente di Fairwatch e portavoce della campagna Stop TTIP Italia
Articoli correlati
Lascia un commento