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Breve antropologia del pane

Lucia Galasso
11 Marzo 2015

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di Lucia Galasso*

Perché è importante parlare del pane da un punto di vista antropologico? Perché è uno degli alimenti più ricchi di significati, di funzioni e di valenze culturali. Se ci spingiamo al di là dell’idea che sia un semplice cibo che si ottiene mescolando acqua e farina, lasciato più o meno a lievitare, e poi cotto al forno scopriremo subito che il pane porta con sé memorie, valori simbolici, tradizioni che vanno oltre al semplice sfamare il corpo: il pane sfama anche lo spirito. È questa la sua peculiarità: essere al tempo stesso cibo e segno. Conoscere il pane implica quindi imparare quali sono le sostanze di cui è fatto, le tecniche e i saperi necessari alla sua produzione e al suo consumo e, infine, le reti di relazioni sociali e i significati culturali che caratterizzano le tante forme che assume.

La storia di questo alimento ci narra di tecniche di panificazione già presenti nel Neolitico, dove i cereali più usati, l’orzo e il miglio, davano vita ai pani più antichi, quelli azzimi, non lievitati. Solo durante l’età del Bronzo compaiono altri due cereali: la segale e l’avena. Dovremo aspettare gli egiziani (che Ecateo di Mileto chiama “mangiatori di pane”) per veder nascere il pane secondo l’usanza mediterranea che lo vuole lievitato, e a diffondere l’invenzione del lievito in tutto il Mare Nostrum. In questo sua viaggio, nella storia e nella geografia, il pane cambierà ingredienti, forme e usi, attraverserà rivolgimenti sociali e di costume, rimanendo sempre centrale nella simbologia e nell’alimentazione delle culture mediterranee. Contribuendo, di fatto, a creare quell’identità culinaria mediterranea (sull’inesistenza dell’identità quale cultura statica rimandiamo a La retorica della tradizione), che ci permette di riconoscerci in un codice alimentare con tutte le sue regole e i suoi tabù.

brIl pane rappresenta per l’uomo il riscatto dalla fame ma anche la capacità di dominare la natura. Nella civiltà contadina il pane è il simbolo per eccellenza dei cicli stagionali e si inserisce in tutta quella serie di riti che servono a riscattare da quel senso di insicurezza e precarietà su cui si basava il vivere quotidiano. Al tempo stesso non si può non riportare l’importanza che questo rivestiva nel consumo comunitario del pasto, nella necessità di dividerlo e di offrirlo agli altri, di scambiarlo, di ostentarlo per affermare posizioni di prestigio sociale. La presenza di questo alimento all’interno degli eventi festivi e cerimoniali ne attesta le valenze magiche e simboliche, tanto da divenire offerta votiva, dono o talismano.

Per capire meglio questo complesso modo di essere insieme cibo e simbolo, occorre però affidarci a tre categorie che caratterizzano il pane:
1. l’uso;
2. la forma;
3. gli ingredienti.

L’uso del pane

Bisogna subito distinguere l’uso quotidiano che si fa del pane (quindi a scopo nutritivo) da quello cerimoniale. Se il primo infatti sfama, il secondo veicola una varietà di significati, e non sempre occorre consumarlo.

Il complesso simbolismo del pane si riferisce ad ambiti quali: la sessualità e la fecondità umana, la fertilità della terra, al ciclo vita-morte, alla salute e al benessere di uomini e animali. Lo ritroviamo come elemento portante di tutta quella ritualistica relativa al ciclo della vita (nascita, iniziazione, matrimonio, morte) e dell’anno (semina, coltivazione, raccolta, feste del raccolto). Questo perché nelle società arcaiche la vita era concepita in termini di cicli, e il grano, che consentiva di avere il pane, era sentito come metafora sacra di questa concezione.

Il valore sacro di questo alimento lo possiamo cogliere da una semplice osservazione: ovunque la sua produzione, preparazione e consumo sono accompagnati da gesti, preghiere, formule e riti di propiziazione e ringraziamento.

Le forme del pane

La sagoma, lo spessore, la dimensione del pane sono sempre simboliche. La forma è il mezzo attraverso il quale l’uomo dialoga con il sacro. Il grande antropologo Albero M. Cirese, infatti, ci dice che “la forma non nutre: veicola informazioni e non calorie”.

Nella confezione e nella modellazione dei pani rituali si riassumono i significati simbolici e rituali di una determinata festa.

“Ogni festa ha ovviamente i suoi cibi rituali, ma il pane lo ritroviamo quasi sempre protagonista di altari e banchetti, di doni e di voti, questo pane però proprio perché deve sottolineare la particolare dimensione festiva rispetto a quella feriale, è diverso da quello quotidiano soprattutto per la forma che deve riassumere in se i significati simbolici e rituali di una determinata festa” (Giuseppina Mento)

Questa osservazione di Giuseppina Mento ci fa capire come mai noi mangiamo particolari cose in determinate feste e non in altre.

Le varie tipologie e forme del pane veicolano messaggi e significati culturali attraverso le loro forme, che possono essere svariate: geometriche, vegetali, floreali, antropomorfiche, simbologie astrali iconografie greche-romane e giudaiche-cristiane. Tutte sono il retaggio delle antiche offerte primiziali alle divinità.

Gli ingredienti del pane

Sia che sia alimento che segno il pane è sempre una combinazione di ingredienti, in base ai quali possiamo distinguere varie categorie di questo alimento:

con o senza lievito;
uso di differenti cereali nell’impasto;
aggiunta di altri ingredienti all’impasto base per distinguersi dal pane quotidiano.

Gli ingredienti possono cambiare anche a secondo di quali sono i destinatari del suo consumo, ricchi o poveri, ma anche in base alla loro simbologia, questo vale in special modo per i pani votivi e cerimoniali. Ma la caratteristica più importante da osservare, in questo contesto, è la presenza o meno del lievito, e di come e quanto è fatto lievitare il pane (orizzontalmente o verticalmente).

Dal quadro appena descritto è facile capire come il pane influenzi una cucina, ecco perché quando cambiamo gli ingredienti, le tecnologie della cottura e la preparazione del pane, vengono compromessi e cambiano non solo le relazioni sociali, ma anche la produzione agraria, la salute e la cultura stessa.

Sicuramente questa breve disamina non esaurisce il discorso infinito sul pane, ma è un inizio per cominciare ad affrontare un tema tanto complesso e spesso sottovalutato.

.

* Antropologa dell’alimentazione, apicoltrice, è stata direttrice scientifica del Museo della Civiltà contadina e dell’Ulivo di Pastena (Frosinone).  
Articolo pubblicato anche su evoluzioneculturale.it
DA LEGGERE

Facciamo il pane insieme

Alla ricerca del pane della dea (Micaela Balìce)

L’arte di fare il pane in casa (Maria Delli Quadri)

Il gesto del pane (Rosaria Gasparro)

APPUNTAMENTO

Domenica 15 marzo, laboratorio del pane (con pasta madre) al Cinema Palazzo

Commenti

  1. Daniela Cavallo dice

    13 Marzo 2015 alle 08:29

    Il pane: cibo e segno.

    Chi lo fa, lo impasta, lo vede lievitare, gli dà una forma per poi cuocerlo , sa o meglio sente che il pane non è solo cibo, ma ha in sé e trasmette significati che vanno oltre il semplice alimento.

    Rispondi

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