Quando si chiude la porta al mondo,
senza che se ne accorgano,
diventano poveri anche quelli che stanno dentro
Nel terzo quaderno del Rapporto sull’accoglienza diffusa Benvenuti, curato insieme a Recosol, raccontiamo non solo di come l’aggressione al sistema pubblico di accoglienza sia in pieno corso, ma come in tanti territori c’è chi tenta di allargare il più possibile gli orizzonti delle riflessioni e delle pratiche della resistenza con cui aprire la porta ai mondi nuovi della convivenza. Il quaderno, qui gratuitamente scaricabile – oltre a raccogliere interventi di Luca Queirolo Palmas, Alexis Nuselovici, Patricia Millán, Marco Aime, Davide Papotti, Annamaria Rivera, Nuria Alabao, Alex Zanotelli, Chiara Sasso, Alessio Surian, Roberta Ferruti e Giovanni Maiolo – contiene un saggio, intitolato Per un comunismo della cura, di Gian Andrea Franchi, che da diversi anni è in strada ogni giorno con Lorena Fornasir e Linea d’ombra insieme ai migranti della rotta balcanica
Lo sanno, o dovrebbero saperlo, proprio tutti: incapaci di combattere la povertà, i signori che decidono come si deve vivere e morire in questo pianeta, hanno dichiarato guerra ai poveri. È accaduto molto tempo fa. Però adesso quella guerra s’è fatta più cruenta. Molti dei poveri provano a fuggire. Affrontano il fuoco dei deserti e i mari in tempesta, aggrappati a una speranza, ma lungo il cammino e la navigazione diventano numeri. Sarebbero state poco più di 330mila, secondo dati Frontex, le persone arrivate con attraversamenti irregolari delle frontiere esterne all’Unione Europea nei primi dieci mesi del 2023. Troppe? Troppo poche? Dipende dai punti di vista ma tutto lascia credere che diventeranno molte di più. Non riusciranno a fermarle i muri e le armi, né le leggi e i fili spinati. Non si potrà nemmeno ucciderle – o lasciarle morire, che in fondo è la stessa cosa – tutte quante. Si dovrà convivere, fare spazio. Come? È questa, forse, la vera domanda del futuro.
Nel bel saggio intitolato Per un comunismo della cura (pag. 58), Gian Andrea Franchi cita un altro testo, di Chiara Bottici, in cui si afferma l’idea che “i corpi pervengano ad essere, e si mantengano, solo attraverso ciò che condividono con altri corpi”. La nefasta illusione di pensarsi separati da altri, la contrapposizione fra individui, nascerebbe proprio dalla povertà di cura. Il primo grande valore di quest’affermazione è che rompe il monolitismo della categoria di povertà. Quella relazionale, ad esempio, in termini assoluti, non è necessariamente dipendente da valori economici, anzi. D’altra parte, uscendo anche solo per un momento dai recinti del pensiero dominante, sappiamo bene che, se continueremo a pensare alla ricchezza e alla povertà solo in funzione del denaro, il destino sarà segnato: la distruzione del pianeta e del futuro dell’umanità.
In questo terzo quaderno del Rapporto sull’accoglienza diffusa, abbiamo scelto di selezionare alcuni dei testi più significativi pubblicati nel 2023 su Benvenuti Ovunque, la testata interna a Comune-info in cui raccogliamo, giorno dopo giorno, la comunicazione e l’informazione più specificamente dedicate ai migranti, ai rifugiati e ai chiedenti asilo. Com’è, o dovrebbe essere, a tutti ormai noto, in Italia la demolizione del sistema pubblico di accoglienza è in pieno corso. La breve cronologia “triste” che ha sapientemente condensato nel corpo centrale di questo Rapporto Roberta Ferruti (Pag. 46), insieme al grido che lancia la Rete delle Comunità Solidali (Pag. 56), sono ben più che sufficienti a dare un’idea precisa dell’accelerazione di un percorso politico che ormai scende a valanga. Si getta nella pista della sistematica cancellazione dei diritti, a cominciare da quello d’asilo, e della restrizione delle libertà di chi arriva e di chi si preoccupa di accoglierlo ispirandosi a un’etica che ne salvaguardi la dignità umana.
Tutti gli altri testi che abbiamo scelto servono dunque ad allargare il più possibile, con prospettive e approfondimenti di temi assai diversi tra loro, gli orizzonti delle riflessioni e delle pratiche della resistenza e delle possibili ribellioni. Sono una manifestazione che vuole esprimere soprattutto pluralità e ricchezza. E sono l’apertura di una fessura, piccola ma assai densa, della porta ai mondi nuovi della convivenza cui, malgrado le guerre, la devastazione ambientale, lo sterminio ai migranti e tutte le declinazioni della povertà che ci vengono imposte, non rinunceremo.
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