
Gli alunni stranieri sono 857.729, cioè il 10 per cento del totale (dati ministero dell’istruzione): una presenza stabile con una seconda generazione sempre più numerosa: in pratica, due alunni stranieri su tre (il 64,5 per cento) sono nati in Italia.
Come spiegano i redattori del Dossier Statistico Immigrazione di fronte a dati così eloquenti stride la lentezza della politica, che in ventotto anni, di governo in governo, non solo non ha varato una riforma che li riconosca come cittadini italiani, ma li ha ulteriormente penalizzati nell’ottenimento della cittadinanza. Come è noto, infatti, il Decreto sicurezza del 2018 ha introdotto requisiti più rigidi, costi più elevati e, per alcuni tipi di richiesta, tempi di risposta più lunghi.

Intanto il lockdown per il Covid-19 si è inserito pesantemente in questo quadro, amplificando le disuguaglianze. La povertà economica dei nuclei familiari di origine migrante rischia di tradursi ogni giorno di più in povertà educativa. In generale, l’Istat rileva che in Italia il 33,8 per cento delle famiglie non dispone in casa di un pc o di un tablet e che il 41,9 per cento dei minori vive in condizioni di sovraffollamento abitativo. In tali condizioni si trovano in particolare molte famiglie straniere, i cui figli studiano in case piccole, dove non dispongono di spazi adeguati e a volte neppure di una connessione internet, mentre le basse competenze linguistiche dei genitori (che in molti casi hanno peraltro continuato a lavorare fuori casa) non permette loro di supportarli nella didattica. “La responsabilità principale – aggiunge Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS / Immigrazione Dossier Statistico – è di una politica miope e anacronistica, da decenni paralizzata da un approccio ottusamente ideologico, la quale, unita a un sistema scolastico rivelatosi scarsamente attrezzato dinanzi all’emergenza e a dinamiche già ordinarie di emarginazione ed esclusione nei confronti degli stranieri, ha fatto esplodere, durante questa fase critica, tutte le gravi conseguenze della disparità sociale e di diritti che ha istituito. Né le recenti misure governative per il reddito delle famiglie e la cura dei figli rimasti a casa sono riuscite efficacemente a colmarla…”.
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Va ripensato il ruolo che può avere la diffusione della cultura nei territori
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