Ai tempi di “Sbatti il mostro in prima pagina”, mezzo secolo fa, c’era indubbiamente anche, certo: anche, una motivazione di forti interessi editoriali a vendere di più. Oggi, quella motivazione commerciale è assai sbiadita, il mercato della paura lo muovono altre leve. Alessandro Ghebreigziabiher ci fa un ragionamento su, partendo dal sempre fondamentale interrogativo latino: cui prodest?
Non so voi, ma da qualche anno ho notato tra le notizie nostrane un aumento considerevole di omicidi e in generale reati efferati e sanguinosi.
Perciò mi sono chiesto: cui prodest?
Ovvero, in un’epoca in cui le vendite delle versioni cartacee dei quotidiani rendono pochi introiti – aiuti e contributi statali a parte – e la maggioranza degli incassi dovuti alle pubblicità arrivano dall’informazione online e dai telegiornali, chi ci guadagna in particolare dalla più o meno ingente diffusione delle notizie di cronaca nera?
Mi sono preso un po’ di tempo per ragionarci e ho trovato alcuni spunti di riflessione interessanti, per non dire preoccupanti.
Per esempio che qualora le storie sono solo di guerra e di morte, e quando su di esse si insiste in modo ossessivo, allora i media si trasformano in fabbriche di paura e contribuiscono a deformare le percezioni di quella realtà che dovrebbero raccontare.
Ma che effetto ha tutto ciò sulla politica e, soprattutto, sulle scelte elettorali? Sarà forse un caso che nel mese che ha preceduto le elezioni europee del 2019 – che hanno poi portato alla vittoria della Lega di Salvini – i principali telegiornali italiani hanno parlato soprattutto di cronaca nera? Solo in seconda posizione vi era la politica e in terza la politica estera.
D’altra parte non ci vuole un esperto politologo o sociologo per affermare che in Italia, come nel resto dell’Europa occidentale, l’opinione pubblica ritiene il centrodestra più capace di affrontare efficacemente il tema della sicurezza.
Ma torniamo al tema della cronaca nera in sé. A riguardo, ecco cosa dichiara lo scrittore e saggista Remo Bassetti: i media e la classe politica assumono i fatti di cronaca come se si trattasse di inserirli dentro un modello precompilato. Il fatto di sangue deve essere piegato a una lettura che conferma non tanto la linea del giornale quanto le aspettative dei suoi lettori, che il giornale vuole compiacere. Il tutto malgrado il nostro paese sia al ventunesimo posto in Europa nella graduatoria dei reati, e molto in basso per numero di omicidi.
Detto ciò, invita ulteriormente a riflettere un rapporto Demos-Unipolis che dopo aver analizzato i principali tg di Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna nel periodo 2008-2009 scrisse che il Tg1 aveva il doppio di notizie di cronaca nera del Tg spagnolo e venti volte in più di quello tedesco. E se è vero, come scrive la giornalista e criminologa Selene Pascarella, che la cronaca nera è lo specchio del nostro mondo, della nostra società, di quello che siamo diventati e delle vie che stiamo percorrendo, è la stessa autrice ad aggiungere che nessuno è immune da una narrazione malata, ma ben costruita.
Se ne deduce facilmente che nel nostro paese vi è un problema di percezione della sicurezza, più che della sicurezza stessa, e questo va a vantaggio di un vero e proprio mercato della paura. E alimentare le fake news di solito aiuta non a fare i conti con la realtà, ma a regalare voti ai populisti e agli irresponsabili specializzati nel capitalizzare da tutto questo.
Sui legami tra paura del crimine e disinformazione ci state sono moltissime ricerche negli ultimi anni. Ne cito una tra le molte che trovo calzante al nostro caso, la quale dimostra quanto e come le notizie false possono essere utilizzate per indurre le persone a temere i crimini, e che solo gli individui con un alto livello di autoefficacia potrebbero provare una minore paura del crimine e identificare più facilmente come tale un’informazione falsa.
Ma cos’è l’autoefficacia? Rappresenta il giudizio che ciascuno di noi si dà circa la propria capacità di riuscire a portare a termine determinati compiti.
Ebbene, soprattutto in seguito alla pandemia c’è stato un crollo mondiale della fiducia nelle proprie capacità e nel nostro paese ciò è avvenuto soprattutto tra gli adolescenti. Ma non solo, visto che già prima del Covid emergevano cali allarmanti del livello di autostima tra le donne italiane, mentre slogan come “prima gli italiani” e le relative promesse di rendere l’Italia di nuovo grande di Trumpiana memoria avrebbero dovuto fungere da strumenti per migliorare la considerazione di se stessi nei cittadini.
Be’, che ciascuno tragga le proprie conclusioni per provare a rispondere alla domanda del titolo…
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Fonte: Storie e Notizie n. 2169
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