C’era una volta una disciplina pensata per fini nobili: studiare il territorio e progettarne le modifiche favorendo un insediamento umano che affermasse il diritto all’abitare per tutti difendendo strenuamente le coste, il paesaggio, i beni ambientali, le città. Ogni giorno che passa, invece, ne scopriamo i nuovi scandalosi asservimenti alla furia devastatrice degli interessi insaziabili dell’accumulazione di denaro, vuoi che essa indossi la maschera dello sviluppo turistico (come pare stia nuovamente per avvenire in Sardegna), vuoi che si travesta da compromesso per tutelare colossali investimenti nei grandi eventi del miliardario business calcistico
di Enzo Scandurra
Leggo su il manifesto dell’11 agosto 2017, a firma Costantino Cossu, un’intervista a Edoardo Salzano in merito al tentativo in corso di stravolgere il piano paesaggistico regionale e riaprire il capitolo della urbanizzazione selvaggia delle coste sarde. Come già nel caso di Roma – il nuovo stadio della Roma a Tor di Valle – anche in Sardegna si tenta di fare carta straccia dell’urbanistica delegando alla Giunta, o al consiglio comunale (come proposta di modifica) la facoltà di concedere autorizzazioni a costruire in deroga al piano, in presenza di “progetti di particolare rilevanza economica e sociale”. Come se non bastasse, si tenta anche di approvare una norma che consentirebbe di “adeguare” attrezzature alberghiere (sempre sulla costa) con aumenti di cubatura così da renderli più adatti alle nuove esigenze turistiche.
Non entro nel merito del problema. Le risposte di Salzano dicono tutto e bene. Leggendole non posso fare a meno di pensare che queste risposte, semplici e radicali al tempo stesso, dovrebbero trovare un posto d’onore nei manuali della nostra disciplina. Una disciplina che gioca sempre più al ribasso. Fatta, nel passato, anche di esempi e storie gloriose, ma che ormai è completamente asservita ai poteri forti dell’interesse economico e diventata nemica proprio di ciò che avrebbe dovuto tutelare: le coste, il paesaggio, i beni ambientali, le città. Essa ha subito una vera e propria mutazione genetica, rinnegando la sua storia di impegno riformista a favore dei più deboli e del loro diritto alla città, per mettersi al servizio dei distruttori di ambiente.
Purtroppo sono sempre di meno le voci di chi, come Salzano, tentano di difenderne le istanze originarie, l’impegno a salvaguardia dei beni comuni, in nome di una presunta modernizzazione che somiglia sempre di più a una furia devastatrice, una vera e propria hybris che sconvolge qualsiasi ragionevolezza.
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