di Fabio Ballerini e Francesco Biagi
«Non si tratta di analizzare le forme regolate del potere a partire dal loro centro (cioè a partire da quelli che possono essere i suoi meccanismi generali e i suoi effetti di insieme). Si tratta di cogliere, invece, il potere alle sue estremità, nelle sue terminazioni, là dove diventa capillare; si tratta cioè di prendere il potere nelle sue forme e nelle sue istituzioni più regionali, più locali, soprattutto là dove, scavalcando le regole di diritto che l’organizzano e lo delimitano, il potere si prolunga di conseguenza al di là di esse investendosi in istituzioni, prende corpo in tecniche e si dà strumenti di intervento materiale che possono essere violenti».
(M. Foucault, Bisogna difendere la società. Corso al Collège de France 1975-1976)
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Mercoledì mattina 8 luglio 2015 un gruppo di attivisti di Africa Insieme e Progetto Rebeldìa – accompagnati dal consigliere comunale Francesco Auletta (Una città in Comune – Prc) – ha visitato i tre container installati dalla Croce Rossa a Cascine Nuove, all’interno del Parco di San Rossore di Pisa, e predisposti per l’accoglienza dei nuovi arrivi di richiedenti asilo.
La nuova tipologia di accoglienza predisposta da Prefettura e Croce Rossa rappresenta una completa violazione dei minimi standard di accoglienza e dignità umana. I container sono stati installati in uno spiazzo verde completamente esposto al sole, con temperature interne che nello scorso fine settimana hanno toccato i 46 gradi. Mancano le docce e la collocazione spaziale non può che richiamare la volontà di esclusione e allontanamento. Per chi è scappato dalla guerra e ha attraversato il mare in cerca di un futuro migliore è riservata la stigmatizzazione spaziale di pochi roventi container.
Si delinea, di nuovo, “l’urbanistica del disprezzo”: luoghi inospitali, isolati e mal collegati con la città, ai quali è possibile accedere solo previa autorizzazione delle istituzioni competenti. Spazi di esclusione la cui gestione è stata affidata alla Croce Rossa, che già durante la precedente esperienza di accoglienza, nei container di via Pietrasantina, ha mostrato le le fortissime lacune e criticità nella gestione di percorsi di integrazione sul territorio.
Quale sono dunque le ragioni e le motivazioni che hanno portato a questa scelta? Più che la volontà di costruire percorsi di inclusione sociale e professionale sul territorio sembra che l’obiettivo sia quello di “controllare, contenere ed escludere” persone colpevoli di essere fuggite dalla loro terra e, dopo un viaggio straziante e interminabile, di aver presentato domanda di protezione internazionale.
Tutto questo avviene poiché l’amministrazione comunale non mette a disposizione nemmeno un metro quadro per fare accoglienza in città. Eppure gli spazi ci sarebbero: dalla progettualità sul Distretto 42 presentata e bocciata in consiglio comunale che prevedeva l’utilizzo di parte degli spazi per l’accoglienza, agli innumerevoli immobili abbandonati da anni in città; dalla struttura di accoglienza di via Garibaldi, chiusa da oltre un anno e mezzo per lavori mai realizzati, agli appartamenti abbandonati di proprietà dell’università.
Le associazioni antirazziste hanno dichiarato: “Invitiamo il sindaco Filippeschi, l’assessore alle politiche sociali Capuzzi, il presidente della Croce Rossa Cerrai e il prefetto Visconti a trascorrere 24 ore nei container per verificare se possa ritenersi umana e dignitosa un’accoglienza di questo tipo, e richiediamo con forza ed estrema urgenza che entro 48 ore i container vengano smantellati per evitare che, dopo la sottoscrizione delle leggi razziali nel 1938, il Parco di San Rossore diventi teatro di una nuova vergogna”.
DA VEDERE
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