
Ritrovate “Le Dieci Regole per la Scuola”: la notizia è passata quasi inosservata in questa vigilia di fine anno 2073. Si tratta del ritrovamento di un breve testo conservato in un vecchio hard disk ancora miracolosamente funzionante, che risale almeno a una cinquantina di anni fa. Sarà per la naturale nostalgia per il tempo ormai passato, ma il testo mi ha colpito.
Lo riporto così com’è stato rinvenuto, chiedendo benevolenza a chi potrebbe scorgere ne Le Dieci Regole per la scuola una mancanza di rispetto verso i testi sacri.
Le Dieci Regole per la Scuola
1) Prenditene cura. Perché non avrai altra risorsa all’infuori di essa. Il futuro a scuola si tocca. Sono quelle bambine e bambini che passano davanti alle nostre cattedre a ogni ultima campanella. Si costruisce adesso, con il prendersi cura dei nostri alunni, rispettandone i tempi di crescita e le specificità, senza pensare che un bambino di tre anni è la metà di uno di sei. Preparandoli a porsi le giuste domande piuttosto che riempirli di risposte. Agendo ogni giorno con la consapevolezza che nel futuro troveremo solo quello che avremo saputo portarci.
2) Ricordati di essa anche quando è festa. Diceva Don Milani che il maestro è l’unico adulto che non ha interessi culturali quando è solo. Come dire che per il maestro la sua cultura non è mai una questione privata, individuale. È un sapere in transito, come una moneta che acquista senso solo se scambiata. Ogni ora dopo la scuola deve essere impregnata del giorno di scuola finito e di quello che verrà.
3) Onora i suoi padri e le sue madri. La pedagogia raccogliticcia di questi anni si è riempita di termini inglesi come garanzia di modernità, ma è un ammodernamento senza innovazione. La storia della scuola italiana è fatta da donne e uomini dei cui insegnamenti ci siamo dimenticati mentre altri paesi li hanno posti a fondamento dei loro sistemi d’istruzione.
4) Se la stacchi dalla vita la fai morire. L’uomo è l’unica specie animale che trasmette le proprie conoscenze in uno spazio appositamente dedicato. Ma la scuola è solo un luogo appartato, non un altro mondo rispetto alla vita quotidiana. Al senso del dovere che chiediamo ai nostri allievi corrisponde il nostro dovere di dar senso – un senso per loro – a quella fatica quotidiana. Dobbiamo renderli consapevoli che il loro sapere li fa capaci di cambiare il mondo, ma soprattutto cambia loro stessi nel momento stesso in cui lo fanno proprio.
5) Gli alunni sono il seme, non li disperdere. Ricorda che il dramma della scuola sono gli alunni che perde. La dispersione non è il destino inevitabile dei “fragili”, gli atteggiamenti caritatevoli con le proposte di percorsi di scuola adatti a chi non può sopportare una scuola di qualità è pura ipocrisia: come può essere di qualità una scuola che disperde i suoi studenti?
6) Ruba, se ti serve. Prendi idee, materiali e strategie da chiunque se ti sembrano valide per insegnare. Nella scuola non è ammessa proprietà privata.
7) Non dare falsa testimonianza del valore della conoscenza. Gli studenti studiano le materie ma studiano molto di più noi che quelle materie insegniamo. Siamo gli unici adulti che vedono mentre lavoriamo, non capita neanche con i loro genitori. Dobbiamo essere non un modello ma la testimonianza vivente del valore di quello che insegniamo. La passione per la conoscenza è un sentimento molto contagioso, ma se l’hai persa tu per primo non hai niente da insegnare.
8) Non desiderare la scuola di altri. Per cambiare la scuola bisogna non perdere mai di vista la sua storia che è sempre profondamente intrecciata a quella dell’intero paese. L’indovina Cassandra per scoprire il futuro scrutava nel passato.
9) Fai desiderare il sapere. Alla base di ogni apprendimento c’è il desiderio di apprendere. È un istinto naturale che segna la crescita di ogni essere vivente, la scuola non può farlo morire. Ricorda che non ci sono studenti che non vogliono imparare, ma che sono incapaci di farlo attraverso i codici e le forme della scuola attuale. Insegniamo a studenti che non assomigliano più a come noi siamo stati studenti. Spavalderia che nasconde fragilità e insicurezza. Si tratta di trovare una nuova sintonia. Si tratta di affiancare il nostro sguardo al loro per rafforzarlo e insieme dirigerlo. Imprestare la nostra fiducia in loro finché la loro non sia pronta.
10) Insegna a disubbidire. A tutte le regole se sono sbagliate. Tu sii il primo a disubbidire se senti che sono contrarie al mandato costituzionale che devi rispettare.
Non si sa chi ne sia l’autore, molto probabilmente un insegnante del tempo che mal sopportava l’ipocrisia che sentiva dilagante. Eppure i conflitti e le incoerenze di quegli anni furono forse il prezzo necessario da pagare, come lo sono i colpi di coda e le teorie ad hoc per tentare di tenere in vita paradigmi giunti ormai alla fase terminale. Ai giorni nostri, di fine 2073, possiamo finalmente comprendere quanta parte della nostra storia recente affondi le radici in quegli anni di grande confusione e delusione.

Chissà se questo ritrovamento potrà valere come riconoscimento tardivo agli insegnanti e gli studenti di allora che si trovarono in mezzo a quella bufera.
Davvero interessante. Uno spirito libero che scrive sulla scuola, con il disincanto dovuto, il realismo necessario, la spinta a coltivare dubbi, ricordando che in futuro saremo quello che il passato ci consente di essere.
molto bello
Molto originale e incisivo nell’ espediente creativo della proiezione nel futuro. Non so se più forte nell’ aspetto postumo oppure in quello dell’ attualità. In questo mare di stimoli ti cattura subito. Bravissimo Beppe!
Molto bello. Ogni volta che ti incrocio caro Giuseppe, non accade mai niente di banale.
Grazie!
Da leggere, rileggere e tenere bene a mente, ogni giorno. Grazie, ancora una volta, per le tue sempre interessanti riflessioni.
Potrebbe apparire come un decalogo per pedagogisti/insegnanti, a tratti diventa poesia. Grazie Beppe!
Decalogo che nel 2023 rappresenta un manifesto rispettoso di una scuola fondata pedagogicamente.
La speranza è quella che a partire dal decalogo, il ritrovamento del 2073 trovi una conferma in quel tempo oggi lontano.
Grazie Beppe, sempre originale, sempre di stimolo per noi tutti!
D’accordo sulle dieci regole; “insegna a disubbidire” mi sembra irrinunciabile, purché lo si faccia alla luce delle “sette regole dell’arte di ascoltare” di Marianella Sclavi.
In prospettiva: “Descolarizzare la società” di Ivan Illich.
Significativa e provvidenziale scoperta in un momento di incertezza. Attraverso le risposte del passato un aiuto per riflettere quanto vale il cambiamento
In questo scritto mi sono ritrovata e ho ritrovato le lotte di quegli anni. Allora avevamo il senso del collettivo. Le/Gli insegnanti di oggi spero lo ricostruiscano.
Parole straordinarie, non saprei cosa dire, cosa aggiungere a quanto detto dai colleghi
Mi piace dire che la scuola è nel.mio DNA e lo è sempre stata, non riesco a staccarmi dal pensarci praticamente mai
Tutti i miei alunni ed ex alunni sono sempre nel mio cuore anche quelli che mi hanno fatto impazzire perché hanno comunque colpito il mio cuore e mi hanno insegnato qualcosa
Purtroppo ora la scuola è molto diversa dobbiamo stare attenti a troppe forze esterne ed alla burocrazia, unico scopo ormai, che ci hanno tolto la serenità la personalità l’individuazione la libertà.
Ora ciò che conta non sono i ragazzi ma i premi e la visibilità immediata
Io cerco di essere sempre come sono, ma a mio rischio, a serio rischio
Ma ricevere, come ho ricevuto proprio oggi, un messaggio dalla mamma di una alunna che è uscita quest’anno dalla scuola media poi, ricevere gli abbracci di ex alunni che incontro, mi fa dimenticare le cose brutte
Per loro io, nonostante l’età, vorrei portare un rinnovamento, ci provo da anni, introducendo il modello valenziale ma senza successo, io però non mollerò
Vorrei introdurre un percorso GISCEL per l’educazione alla comprensione del testo ” Non solo DSA” ma… e anche qui non mollo.
Grazie per questo link che mi ha fatto capire che non sto percorrendo una strada sbagliata
A tratti diventa poesia, dice un commento. Per forza, è verità pura, la verità che si trova guardando oltre gli schemi, oltre l’abitudine, oltre i luoghi comuni. veramente toccante, coinvolgente, sentito, questo decalogo, necessario.
Peccato averle trovate solo ora. Se nel 2023 le avessero seguite o almeno lette, non avremmo assistito all’estinzione della scuola pubblica in questi ultimi vent’anni.
Leggo, su suggerimento di un’amica, 2073 le dieci regole per la scuola il testo di Beppe Bagni, amico che conosco da una vita, Lo leggo volentieri perché vi ritrovo temi che ci hanno appassionato e che ci appassionano ancora, l’eco di tante iniziative, alcune fatte anche assieme, di tanti dibattiti sui problemi della scuola, dei docenti, sui mutamenti culturali in atto dall’inizio degli anni ’70 in poi,
Leggere le dieci regole conforta il cuore, il ritrovare le idee che animarono i nostri progetti di gioventù solleva l’anima, è come entrare in un giardino in cui ci si ristora, ma da cui si dovrebbe essere incoraggiati ad uscirne per proseguire nel cercare la via per attuarle. Ci rendiamo conto che troviamo poco di incoraggiante attorno a noi, se non la buona volontà di chi queste regole è disposto a condividerle.
Malgrado ciò, vorrei continuare il discorso in modo che chi nel 2073 avrà ritrovato il testo delle dieci regole per la scuola conservato in un vecchio hard disk, potrà trovar non solo traccia di quali erano “i principi”, le regole che a inizio secolo pensavamo dovessero essere seguite per “fare scuola”, ma anche notizia delle difficoltà che si incontrarono nel pensare a “il come” si potesse dare loro attuazione.
Se lo ritenesse interessante e le volesse capire meglio, collocandole in un quadro generale della storia della scuola italiana, potrebbe essere indotto, con l’aiuto degli storici, ad un raffronto interessante, a proposito di “il come”.
Nel 1923 chi fece la riforma Gentile sapeva bene “il come” !! fece una scuola fascista …, “il come” lo sapeva anche il Parlamento quando a fine 1962, approvò la legge che istituiva la scuola media unica; infatti, approvò una legge “di struttura” del sistema educativo italiano che cambiò radicalmente la storia del Paese, mentre gli storici dovranno constatare che all’ inizio di XXI secolo, non c’era qualcuno che sapesse come dare attuazione a riforme, di cui pur la scuola aveva effettivamente bisogno per tentare di uscire dalla crisi che stava vivendo,
Il malessere generalizzato, che alunni e docenti vivevano nella scuola si esprimeva in manifestazioni episodiche di protesta, si rivelava in episodi di disagio e talvolta di violenza, ma non trovava modo di coagularsi in movimenti, in gruppi di pressione, in forze politiche che sapessero indicare “il come” fare per superarlo.
Non sappiamo quale spiegazione gli storici del 2073 daranno di tale situazione. Per noi la tentazione è, per antica tradizione o per antico vizio, di proporre seminari, dibattiti, corsi per cercare spiegazioni, ma conosco il rischio di giungere a spiegazioni che Bateson chiamava spiegazioni dormitive.
Seguirei il consiglio di Marianella Sclavi che qui ripropongo con parole mie:
cercare di risalire al sistema di premesse implicite in base alle quali il pensiero opera, premesse di cui non si è consapevoli, dalle quali dipendono molti nostri errori epistemologici e che sono probabile causa delle difficoltà che si incontrano ad applicare le dieci regole per la scuola.
L’unico modo per farlo è realizzare un’esperienza, mettendosi nelle condizioni di sbagliare, e di osservare come correggere le proprie azioni in un sistema di autocorrezione.
Non so quanto sia percorribile questa via, chi potrebbe essere disponibile ad assumersi il compito, in quale struttura sia possibile; se le fosse, potremmo lasciare a chi avrà scoperto il testo delle dieci regole nel 2073, oltre che il decalogo, qualche idea sul come attuarlo.
Francesco Farina
Bravissimo Beppe, bell’espediente il 2073. Regole da far leggere nelle scuole e inserirle nel patto educativo