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Nel nome delle madri. Laura

Dale Zaccaria | 7 Dicembre 2018 | 1 Commento

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In questi sei anni, non sono stata mai creduta, le violenze subite screditate, negate, minimizzate; mio figlio non è stato mai creduto e siamo sempre stati valutati e giudicati da soggetti aderenti alla teoria dell’alienazione genitoriale, pertanto da vittima sono stata descritta e considerata io la carnefice e mio figlio considerato come un bambino privo di proprie volontà e di diritti. Laura racconta come, dopo la separazione, è passata dalla violenza dell’ex convivente (giudicata “conflittualità”) a quella delle istituzioni e dei servizi sociali. Una piccola storia ignobile che minaccia da troppo tempo di calpestare il diritto alla felicità di un bambino e della sua mamma

Foto tratta da: Politica Femminile Regione Toscana

di Dale Zaccaria

In un racconto biblico il re Salomone chiede a due madri che si contendono il figlio, che lo stesso con una spada sia diviso a metà. La vera madre rinuncerà al figlio stesso pur di vederlo salvo dalla decisione del Re il quale enuncerà: “Date alla prima il bambino vivo; non uccidetelo. Quella è sua madre”. La madre che si sacrifica pur di proteggere il suo piccolo. La madre che rinuncia alla sua stessa maternità pur di vedere il figlio salvo e vivo. Quella è sua madre. Un amore incondizionato e di assoluta protezione.

Come la madre narrata nella Bibbia, tante madri oggi vivono situazioni di contesa dei propri figli, soprattutto in vicende di separazioni giudiziali. Figli contesi tra padri e madri, dove i primi si appellano alla teoria inesistente dell’alienazione parentale. Uomini che chiedono l’affidamento esclusivo e dichiarano guerra alle donne e alle madri. Vicende dolorose vissute tra tribunali, perizie tecniche, servizi sociali. Vicende dove i figli vengono tolti alle madri. Che perdono la loro potestà, che vedono nei peggiori dei casi trascinati i loro piccoli in case famiglia o in strutture per minori. Vicende che portano a un dispendio economico ed emotivo assai elevato. Dove non sempre si fa il bene del minore.

Il matrimonio diventa così una macchina infernale in fase di separazione giudiziale, che vede come prima vittima stessa, il minore, il bambino/a, che non ha gli strumenti per tutelarsi e proteggersi, da un meccanismo giudiziario che ri-vittimizza la madre, la donna, rendendola colpevole. Donne che decidono di separarsi perché per troppo tempo hanno subito violenza domestica, psicologica e fisica, donne che si separano per il loro bene e quello dei loro figli, che invece di essere aiutate, vengono punite, che invece di essere liberate, si ritrovano in una galera giudiziaria, esaminate e controllate.

Abbiamo incontrato Laura Massaro, una giovane madre che da anni vive una situazione difficile e dolorosa, che lotta per il bene del suo piccolo figlio, affinché non venga sottratto all’ambiente e all’affetto materno. Attraverso la sua voce, si vuole dare voce a tante donne, a tante madri. Nel nome delle madri.

Laura, puoi riassumerci la tua storia?

Riassumo davvero brevemente la mia vicenda perché immagina in 6 anni cosa possa essere successo giorno dopo giorno, udienza dopo udienza, colloquio dopo colloquio… La mia vicenda nasce dalla decisione di separarmi dal padre di mio figlio nel 2012, dopo 5 anni di convivenza (a casa mia) fatta di pesanti violenze psicologiche e con un bambino – di appena 2 anni e mezzo all’epoca –  che assisteva a questa situazione e ne era egli stesso vittima. Dopo una prima Ctu (consulenza tecnica d’uffico, ndr) svoltasi nel 2013, il bambino, per conflittualità tra le parti (la violenza è quasi sempre scambiata per conflitto dagli operatori tutti), viene affidato ai servizi sociali.

Ricorro in appello chiedendo la ricusazione della Ctu condotta in maniera diciamo “scorretta” (per usare un eufemismo) e la revoca dell’affidamento ai servizi sociali nel frattempo rivelatisi assolutamente inefficienti anzi dannosi. Mio figlio nel frattempo frequenta il padre, prima da solo e poi in incontri assistiti, ma il bambino rifiuta il padre e ne ha paura sempre più. La corte d’appello respinge purtroppo le mie istanze e conferma il decreto di primo grado (e conferma contestualmente l’affidamento ai servizi sociali e incontri assistiti padre-figlio sconsigliando un allontanamento del bambino da me e dalla famiglia materna perché questo sarebbe stato per il bambino un grave trauma e per le problematiche gravi di salute del bambino stesso, visto che nel 2014 mio figlio si ammala di una grave patologia autoimmune di cui ancora oggi porta le conseguenze – è iperteso e sotto farmaco da anni!).

La sentenza d’appello è basata sulle false relazioni dei servizi sociali e delle operatrici che gestivano gli incontri protetti padre-figlio nel frattempo stabiliti e confermati. Le operatrici in questione erano tutte aderenti, ovviamente, al concetto di alienazione genitoriale. Nel novembre 2015, il padre di mio figlio fa ricorso al tribunale per i minorenni di Roma chiedendo la decadenza dalla potestà genitoriale per la sottoscritta e l’affidamento esclusivo del bambino a lui previo inserimento in una casa famiglia. Viene nel mentre incaricata una nuova assistente sociale (a seguito della denuncia del padre alla precedente), ovvero quella ancora oggi in carica, la quale fa proseguire gli incontri assistiti tramite cooperative (oggi siamo alla terza cooperativa). L’assistente sociale nonostante sconsigli anche lei un allontanamento del bambino così come chiesto dal padre e dica a più riprese (anche in udienza) che il bambino sta benissimo nel suo ambiente familiare ed è sereno sotto tutti i punti di vista ma ha mostrato forti resistenze ad incontrare il padre, purtroppo non ha mai voluto trasferire queste sue valutazioni in una relazione scritta e dettagliata (nonostante le sia stato chiesto perfino dal giudice più volte) e nonostante la stessa mi abbia indirizzato lo scorso anno ad uno sportello antiviolenza della mia zona per gli atteggiamenti “persecutori” (parole dell’ass. sociale) del mio ex per i quali necessitavo di supporto.

broken family on a blackboard

Eseguo da sempre ogni dettame dei servizi sociali e accompagno sempre mio figlio agli incontri col padre, anche se il bambino non vuole recarvisi e sono io a doverlo convincere e rassicurare (i problemi tra padre e figlio sono sorti e peggiorati durante i lunghi mesi di frequentazione diretta tra i due e per i comportamenti evidentemente del padre verso il figlio). A causa delle continue denunce e istanze paterne (una media di una istanza/mese al tribunale dei minorenni che mi costringe quindi a continue memorie difensive per le falsità contenute in esse) e molte udienze, viene prima disposto l’ascolto di mio figlio in audizione protetta con un giudice onorario del tribunale dei minorenni (una psicologa) dove il bambino dice le sue problematiche col padre e la paura che questo gli incute e chiede in lacrime di essere lasciato a casa sua (ovvero con me) perché la sua più grande paura è di essere portato via dalla sua mamma e dai suoi nonni con i quali dice “io sto bene!” (il giudice prometterà al bambino che questo allontanamento non è in discussione e rassicura il bambino in tal senso) poi, con un decreto dell’aprile 2018, il giudice minorile stesso, che segue la nostra vicenda dal 2015, dichiara che l’allontanamento del bambino dalla madre è impensabile e che il bambino non deve essere forzato in un riavvicinamento al padre, salvo poi, incredibilmente, disporre una seconda Ctu (scegliendone una assolutamente pro Parental Alienation Syndrome, Pas) le cui risultanze sono a conoscenza di tutti per il video messo da me su fb e per la petizione di maison antigone (oggi quasi 2.600 firme).

In questi 6 anni, non sono stata mai creduta, le violenze subite screditate, negate, minimizzate; mio figlio non è stato mai creduto e siamo sempre stati valutati e giudicati da soggetti aderenti alla teoria dell’alienazione genitoriale pertanto da vittima sono stata descritta e considerata io la carnefice e mio figlio considerato come un bambino privo di proprie volontà e di diritti.

Ho fatto di tutto in questi anni per cercare di tutelarlo, ho denunciato ma tutte le mie denunce sono state archiviate senza indagini, quelle non archiviate me le hanno fatte ritirare (il giudice e gli operatori dei servizi sociali me lo hanno chiesto sempre per abbassare quella che loro ritengono essere ’conflittualità’ e non violenza o mi dicevano che, in caso contrario, la situazione di mio figlio sarebbe peggiorata…) ma non è servito neppure questo a tutelare mio figlio perché sono stata completamente lasciata sola. Dopo la separazione, sono passata dalla violenza del mio ex a quella delle istituzioni e dei servizi sociali.

Oggi altra strada non mi è rimasta che la denuncia pubblica (contestuale a quella ovviamente in ambito giuridico di cui si occupano egregiamente i miei legali) nella speranza che venga evitato un prelevamento coatto e violento di mio figlio per essere condotto in casa famiglia e poi in affido al padre come disposto dalla ultima Ctu (chiesta dal padre) su basi inconsistenti, ovvero accusando la sottoscritta di grave alienazione genitoriale. Il dramma della mia vicenda è tutto lì. L’essere stata da sempre giudicata da operatori giuridici e sociali che applicano questa teoria assurda nei tribunali che ha permesso il totale ribaltamento dei fatti!

Le perizie tecniche ctu/ctp spesso vengono fatte di fretta, in maniera non approfondita, e con costi assai elevati per i coniugi in separazione giudiziale. Cosa pensi al riguardo?

Penso che sia un modo per ri-vittimizzare le donne.

I costi sono elevatissimi, se si aggiunge il fatto che devi necessariamente avere un ctp (consulente di parte, ndr) se non vuoi divenire proprio carne da macello in mano a psicologi giuridici (ma, come accaduto nel mio caso, in due ctu subite la presenza dei ctp purtroppo non ha neppure scongiurato le decisioni arbitrarie del ctu nonostante l’egregio lavoro delle ctp). Io stessa sono stata costretta a dare fondo a tutte le mie risorse economiche in questi anni di accuse infondate e di stalking anche giudiziario da parte del mio ex e non solo da parte sua. È un qualcosa di indescrivibile, la tua vita è distrutta sotto ogni punto di vista: morale, economico, psicologico, di salute. Un massacro.

Neppure una madre omicida io credo abbia questo trattamento.

Inoltre una ctu non dovrebbe mai essere condotta da chi sostiene l’alienazione genitoriale (nel mio caso due ctu su due aderenti a tale costrutto), perché l’alienazione inficia tutto, nasce da un pregiudizio e nasconde tutte le malefatte del genitore inadeguato/violento/abusante che spesso è il padre (e non lo dico io che la pas è usata quasi sempre verso le madri, ma persone che operano nel campo come gli stessi centri antiviolenza e altri).

Inoltre la tua vita e quella dei figli viene decisa in pochi incontri, spesso senza approfondimenti del vissuto e senza prove oggettive dei fatti! È come se tu subissi un processo nel processo, ma non hai alcun diritto di difesa e vieni condannato di fatto sulle “idee” preconcette di uno psicologo e nell’immediato (la legge italiana, ricordiamolo, prevede in ogni caso tre gradi di giudizio).

Immagine tratta da: Femminismo a Sud – Noblogs

L’alienazione parentale ri-vittimizza la donna rendendola colpevole, uno strumento patriarcale nelle mani dei padri e dei tribunali per distruggere le donne. Puoi raccontarci la tua esperienza diretta e dolorosa a riguardo?

Assolutamente, è un’arma in mano a padri inadeguati (perché i bravi papà, che esistono e sono tanti, non arriverebbero mai a questi estremi) e dei tribunali.

Il padre stesso mi accusa, ovviamente, di alienazione disconoscendo le sue gravi responsabilità verso mio figlio.

In entrambe le ctu subite, sono stata letteralmente distrutta e accusata di cose indicibili (è stata una inquisizione) senza che vi sia alcuna evidenza di ciò, anzi mio figlio nell’ultima ctu ha descritto e ben motivato la sua paura e rifiuto verso il padre… Ti basti sapere che questa ctu, che ovviamente ho denunciato penalmente per le gravi calunnie scritte nei miei confronti nella sua allucinante relazione, ha descritto me come un soggetto abusante in totale assenza di prove ed evidenze ma solo sulla base della sua adesione incondizionata alla teoria ascientifica dell’alienazione genitoriale. La ctu ha minimizzato e deriso i miei racconti di violenza anche dinanzi al mio ex. Ho subito violenza nella violenza. l’alienazione parentale usata nei tribunali è un bavaglio per madri e figli e la terapia che questi ctu prevedono per i bambini cosiddetti alienati è pura coercizione (la famosa “terapia della minaccia” cara a Gardner che la ctu ha letteralmente proposto di applicare sul mio bambino noncurante dei suoi bisogni, desideri e neppure dello stato di salute). Tutta la ctu è stata svolta, nel nostro caso, fin dai primi momenti per ricercare l’alienazione, non per fare una valutazione eventualmente oggettiva della vicenda pensando al bene del bambino.

Se una madre oggi è accusata di pas non ne uscirà facilmente e il carnefice diverrà magicamente vittima e viceversa. Vieni condannata a vivere per anni in aule di tribunale e ad essere vivisezionata e ogni cosa sarà usata contro di te e tuo figlio. I bambini sono i primi a pagare. Vengono terrorizzati, minacciati.

Foto: Molise Network

Cosa pensi del ddl Pillon e della nomina attuale di Simone Pillon  in qualità di vicepresidente della commissione infanzia e adolescenza?

Cosa posso pensare? Che se dovesse passare il Ddl Pillon altro non avverrebbe che una legittimazione ulteriore di quello che tuttavia già accade nei tribunali da anni (magari non in tutti i tribunali, ma in moltissimi) e il tutto precipiterebbe ancora di più. Avremmo bambini allontanati solo per il rifiuto verso un genitore, senza che si approfondisca nulla. Non vi sarebbe più, ancor peggio che ora, alcuna tutela per donne e bambini vittime di violenza (diretta o assistita). Immagina cosa sarebbe trovarsi a dover mediare obbligatoriamente col proprio carnefice. Immagina se non hai le sufficienti risorse economiche per pagare la mediazione in un paese come il nostro, dove le donne sono ancora incredibilmente le colonne portanti della famiglia e che per questo rinunciano a carriera e spesso proprio a lavorare per assenza di una rete sociale di aiuto.

Io stessa avrei perso il lavoro per questa situazione, se non avessi la fortuna di avere un lavoro fisso perché sono stata spesso assente per udienze, colloqui con servizi sociali, ctu, incontri assistiti a cui sono incaricata di portare il bambino. Le persone non sanno cosa accade realmente alle donne nei tribunali e le vittime non vengono mai ascoltate. Questo ddl non ha mai voluto porre al centro i bambini (del resto alla stesura del testo ha contribuito uno strenuo sostenitore e diffusore del concetto di alienazione genitoriale).

La nomina di Pillon è uno schiaffo in faccia a tutte le donne e bambini, soprattutto perché fatto all’indomani delle proteste in piazza contro il ddl. C’è seriamente da preoccuparsi perché la nostra voce sembra non contare nulla.

Vuoi fare un appello alle lettrici e ai lettori per sostenerti ed aiutarti nella tua battaglia a difesa di te e di tuo figlio?

Mah, più che un appello voglio ringraziare chi ci ha sostenuto, ci sostiene e vorrà continuare a farlo.

La mia battaglia per salvare mio figlio da questo scempio non si fermerà mai. Io non ho fatto nulla di male e i bambini devono essere ascoltati e rispettati non minacciati e strappati dai loro affetti più cari senza ragione alcuna.

Vorrei però che le altre donne prendessero il coraggio di denunciare gli abusi istituzionali perché, se fossimo tante (come so che siamo tante a subire certe situazioni), non potrebbero ignorarci ed emergerebbe un problema grave e diffuso di ri-vittimizzazione secondaria ad oggi per lo più sommerso. Grazie.

 

 

La ctu: in separazione giudiziale, il giudice può avvalersi della ctu consulente tecnico d’ufficio scegliendolo tra quelli iscritti nell’albo del tribunale di appartenenza. I coniugi nomineranno, entrambi,  un/ una loro ctp consulente tecnico di parte.

“Il consulente tecnico di ufficio (ctu) è chiamato a fornire al giudice valutazioni tecnico-psicologiche rispetto ad una situazione nella quale sia importante comprendere la personalità delle persone, le relazioni interpersonali, oppure  la qualità di competenze specifiche, come per esempio le capacità genitoriali di una coppia di coniugi (…)”  fonte  www.psicologo-rho.com

La pas, sindrome da alienazione genitoriale o sindrome da alienazione parentale (pas, sigla dal termine in inglese parental alienation syndrome) è una controversa dinamica psicologica disfunzionale che, secondo le teorie del medico statunitense Richard Gardner, si attiverebbe sui figli minori coinvolti tanto in contesti di separazione e divorzio dei genitori, definiti conflittuali, quanto in contesti di presunta violenza intradomestica. La pas però non è riconosciuta come un disturbo mentale dalla maggioranza della comunità scientifica e legale internazionale.

Tags:alienazione genitoriale, diritti, donne, In evidenza, violenza

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