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La sorellanza. Il potere di…

Penny | 15 Novembre 2018 | 1 Commento

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Il disegno è di Ludo, altri suoi disegni sono su sosdonne.com

 

di Penny*

Ti prende quella cosa lì, all’altezza del petto, quasi manca il respiro. La senti. Presente in ogni cosa che fai. Sarebbe bello dargli un nome ma, dopo tanto, ancora non ci riesci. “Vai fino in fondo”, ti dice la vocina, mentre l’avvocato ti parla. “Non mollare, non ora”. E quella cosa è sempre lì, all’altezza del petto.

“E una madre come fa ad ottenere un minimo di giustizia?” le chiedo. Lei sospira. Propone. Potremmo provare questo o quello. Elenca possibilità. Lunghe. Forse anni. “Ancora? Non ne sono bastati otto? E nel frattempo? Come si sopravvive? Come vivranno le mie figlie?”. Non risponde. “E quanto costa il procedimento?”chiedo. Lei abbassa gli occhi e mi dice la cifra, togliendo tutto il possibile, perché ormai, dopo otto anni, è qualcosa di più di un avvocato. “Non li ho” le rispondo.

“Forse è arrivato il momento di mollare”, mi dice la vocina. È stronza la voce. Si contraddice in continuazione. Forse è solo triste, quanto me. Forse è stanca, quanto me.
Poi penso all’università delle mie figlie. “Come farò?” chiedo ancora. “Le tue ragazze dovranno essere più brave degli altri. Dovranno lavorare e studiare” mi risponde lei.

Penso a quello che è il loro padre. Penso al ddl Pillon. Alla possibile prescrizione dei reati. A chi chiede giustizia e non la ottiene. A volte capita.

Due foto della mobilitazione contro il ddl Pillon di sabato 10 novembre: iniziative in oltre sessanta città. Grida ancora il vergognoso silenzio dei media sulla protesta

“Chi è furbo vince” mi dice la vocina mentre cammino testa bassa nella mia città.

Non so cosa fare. È questa la verità. Ci sono momenti in cui tutta questa ricerca di giustizia mi sembra un assurdo, altri in cui mi sembra impossibile non continuare a lottare perché le mie figlie abbiano riconosciuti i loro diritti. Qui non si tratta di me, ma di loro.

Quella cosa alla bocca dello stomaco è ancora lì. Fa male. Piano piano si scioglierà. Lo so.

Penso a quegli uomini e quelle donne che parlano di liquidità dei legami, di scelta comoda quando ci si separa. Di egoismo. Se sapessero quanta solitudine, forse starebbero zitti. Muti per sempre.

Perché la separazione rimane un fatto privato, una questione tra coniugi, ma a volte, è molto di più. È ricerca di giustizia per i figli e per se stessi. È una questione sociale. A volte sfocia in violenza. In tormento. In paura. Immobilizza.

Sono le donne a rimetterci, per la maggior parte. E non lo dico io, ma i numeri. Sono i figli a stare male per le assenze, per il mantenimento che non arriva. Vivono il nostro dolore. Ma il dolore non può essere un ricatto per farci restare. Non deve.

La separazione dovrebbe essere un diritto. Non una questione privata tra coniugi e anche il mantenimento è un diritto dei figli. Non un dovere della madre.

Negli altri Stati se non si paga il mantenimento si finisce in prigione. Anche se stuprano o uccidono, si finisce in prigione. Qui, prima si finisce alla gogna sui giornali, ché pure da morta dovresti giustificarti. Poi chissà.

Non oso pensare cosa sarà di noi con il ddl Pillon, già così fragili dentro a questa società poco equa. Ingiusta.

Il ddl Pillon e un consenso femminile tutt’altro che trascurabile

So che cammino e il nodo al petto è ancora lì, cammino perché ora non so fare altro. Cammino per capire un’altra volta quale strada intraprendere, cosa sia giusto fare. So che, ancora una volta, il problema è solo mio.

Penso alle donne picchiate, a quelle uccise. Io non sono morta. Nessuno ha alzato le mani su di me. Eppure sento il peso del sessismo. Sento il peso di una società patriarcale che ancora non è in grado di difendere come si deve le donne e i figli che la compongono.

La vocina tace. La sera è scesa con prepotenza. Non mollerò e non tornerò indietro. Non mi è possibile. Finché avrò voce, finché potrò cercherò di fare qualcosa affinché le cose cambino. Perché la libertà non si dovrebbe pagare e non riguarda solo me. Ma tutte noi e i nostri figli.

Ci vogliono povere per poterci controllare, ci vogliono sole per poterci spezzare.  Ma noi staremo insieme. Da parte mia è una promessa. Loro hanno paura, per questo hanno ideato il decreto Pillon. Per farci arretrare. Per chiuderci la bocca. Per ucciderci laddove siamo più deboli: nel ricatto dei figli. La sorellanza è potere. Il potere più grande che abbiamo. Loro hanno paura. Noi usiamolo quel potere. Facciamone la nostra forza. Come hanno fatto le altre prima di noi. Stiamo insieme. Non ci spezzeranno.

E il 24 a Roma, manifestazione contro la violenza sulle donne.

 

* Insegnante, scrittrice e madre di due ragazze adolescenti. Questo il suo blog sosdonne.com. Nelle librerie il suo romanzo Il matrimonio di mia sorella. Ha scelto di collaborare con Comune nel febbraio 2017 e non ha più smesso; ha aderito alla campagna Un mondo nuovo comincia da qui. Il disegno è di Ludovica

Tags:diritti, donne, In evidenza, patriarcato

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