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Quarant’anni di scuola popolare

Feliz Jimènez | 24 giugno 2014 | 0 commenti

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La loro ribellione è fatta di autogestione e di Gruppi di apprendimento collettivo, messi su senza distinzione tra docenti e non. Oggi hanno anche la ciclofficina, la biblioteca e la scuola di arabo. Alla Prespe, escuela popular di Madrid, vogliono ancora imparare

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di Feliz Jimènez*

Negli anni Novanta era abbastanza comune incontrare sui muri di Madrid la scritta: “La Prospe resiste”. Ad alcuni di noi, che eravamo adolescenti, faceva molta impressione vedere il nome del nostro quartiere in una forma così rivendicativa, senza peraltro comprendere abbastanza che cosa vi era dietro a questo imperativo. In quella scritta era compresa la lotta di una Scuola Popolare per poter continuare ad usare i suoi spazi contro le aspirazioni speculative dell’Arcivescovado di Madrid, sostenute anche dalla Giunta Comunale di Josè Maria Alvarez del Manzano. L’epoca del “movimento”, come la chiamavamo in termini colloquiali nella Prospe, ebbe come risultato la maggiore e più diffusa conoscenza data a questo progetto educativo, anche se vi era una storia ben lunga sia prima che dopo quella battaglia.

Nei primi anni Settanta il quartiere madrileno della Prosperità aveva dato inizio al suo processo di trasformazione della periferia storica del passato che stava diventando un quartiere di classe medio-alta. In questo periodo nel quartiere convivevano persone che arrivate in cerca di lavoro provenendo da punti diversi del paese e che non avevano avuto la possibilità di studiare e giovani con formazione di livello universitario che erano interessati alle tendenze pedagogiche a carattere innovativo. Da questa serra di cultura e dal calore di una parrocchia “rossa”, come avvenne in tanti altri quartieri, nacque nel 1973 la Scuola Popolare della Prosperità.

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Durante i primi anni, nella parrocchia di San Giovanni de Rivera i gruppi di alfabetizzazione aumentarono continuamente e i locali all’epoca disponibili diventarono insufficienti. Nacque così la necessità di avere uno spazio proprio e la Scuola partecipò nel 1977 alla occupazione della Scuola di Comando della Falange, che era in stato di abbandono. Al suo interno venne costituito il Centro Culturale Mantuano, che divenne una delle prime esperienze di autogestione di uno spazio della città. In questa sede venne avviata la tradizione di lotta della Scuola per ottenere dei locali suoi, dal momento che gli occupanti furono costretti ad affrontare il tentativo, da parte del Comune di Tierno, di impadronirsi della di questi locali per creare un centro culturale istituzionale, così come cerca di fare ancora oggi. Come risultato di quella lotta si riuscì ad ottenere nel 1981 la cessione dell’antico Collegio del Sacro Cuore, che era in stato di abbandono.

Seguì lo sviluppo della Scuola, già riconosciuta per dare la licenza elementare e per realizzare una valido lavoro di inclusione delle persone con disabilità e delle persone con problemi di tossicodipenza, e che offriva i primi livelli di conoscenza dello spagnolo. Sempre da quei locali la Prospe trasse uno dei suoi simboli, la popolare “casetta”, caricatura di quell’edificio così poco adeguato.

La lotta per quei locali durò per almeno dieci anni, a partire dall’arrivo del papa al Concistoro, quando una gelida lettera imponeva alla Scuola di abbandonarli per passarli alle mani dell’Arcivescovado, che li aveva ceduti per fini educativi, mentre ora ne aveva bisogno come oggetto di scambio in una operazione speculativa. Ebbe così inizio una dura lotta a livelli diversi, da quello giuridico a quello della propaganda, ma soprattutto a quello delle organizzazioni sociali, si ottenne finalmente come risultato che il Consiglio dell’Istruzione della Comunità di Madrid concedesse per cinquant’anni i locali di via Luigi Chiabrera, che sono quelli dove stiamo lavorando dal 2001.

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Tuttavia, oltre alla lotta per ottenere uno spazio per sviluppare le proprie attività, gli sforzi della Prospe sono stati anche continuamente diretti ad avere risultati in termini di metodi assembleari, di autogestione e di educazione popolare. In questa prospettiva, le esigenze del quartiere sono spesso cambiate e le richieste di alfabetizzazione e di scuole dell’obbligo hanno lasciato il posto all’apprendimento della lingua locale per i migranti non di lingua spagnola e più di recente alla alfabetizzazione informatica. Sono così nati i Gruppi di apprendimento Collettivo, che abbandonano i ruoli di docenti frontali e sperimentano nuove metodologie di carattere più orizzontale (una straordinaria esperienza che mette in discussione l’apprendimento tradizionale è sicuramente l’Universidad de la tierra, in Messico, leggi L’università della terra).

Negli ultimi tempi è anche cambiato il profilo delle persone che partecipano al lavoro collettivo, che sempre meno vivono nel quartiere e che sperimentano nuove forme di concepire l’impegno e la militanza (sul bisogno di nuove militanze, suggeriamo la lettura del saggio di Gustavo Esyeva Militanze). Attualmente, La Prospe offre corsi di spagnolo, di informatica e di arabo; gruppi di apprendimento collettivo sui problemi di genere, sulla controinformazione, sulla meccanica della bicicletta e sulle economie alternative, nonché un club di intrattenimento per persone diversamente abili. Vengono anche poste a disposizione del quartiere una biblioteca di notevoli dimensioni, un negozio per acquisti a prezzi speciali e proiezioni di film tutte le domeniche, oltre alle feste e alle escursioni. Grazie alla diffusione di esperienze organizzative e a seguito della scarsità di spazi liberati a Madrid, abbiamo la fortuna di condividere i locali con diversi gruppi, come, tra i moltti altri, il 15 M Prosperità, Stop Desahucios Chamartin, la Solfonica o la Università Libera di Madrid.

 

Pedagogie che permettono “l’impoderamento”

I principi educativi de La Prospe sono nati e si sono alimentati de “La società descolarizzata” di Ivan Illich (qui la versione completa in Pdf), ma soprattutto della Educazione Popolare di Paolo Freire. Questo pedagogista brasiliano ha ideato un metodo di alfabetizzazione che coniugava l’apprendimento della lettura e della scrittura con la presa di coscienza da parte di ciascuno della propria situazione di oppressione. Freire nega che esista una ignoranza assoluta e offre una pedagogia nella quale si sciolgono i ruoli di educatore e di educando. Alla luce di questi postulati, sono nate molte scuole popolari nei quartieri di Madrid, con le quali La Prospe è sempre stata collegata attraverso una federazione, la Fepam.

 

* Scuola Popolare della Prosperità

Fonte: Diagonalperiodico.net (titolo originale La Prospe: 40 años de educación popular, autogestión y resistencia).

Traduzione di Alberto Castagnola per Comune-info.

 

DA LEGGERE:

Comunità territoriali in rete

Noi facciamo questo, ci sono realtà affini in giro? Diamoci una mano

Un’idea diversa di educazione

Un documentario discusso in tutto il mondo: trasformiamo l’apprendimento

La complessità che cambia il mondo JLC | Il pensiero di Edgar Morin: analisi su trasformazioni educative e sociali

L’Università della terra Claudio Orrù e Irene Ragazzini | Una strana università messicana costruisce la sua autonomia oltre i miti dell’educazione

Il “Ribellarsi facendo” spiegato ai bambini 

“Ribellarsi facendo” non è solo il titolo della campagna promossa da Comune. Prima di tutto è un mondo che vogliamo raccontare, accompagnare e difendere insieme ai molti e molte, bambini e ragazzi inclusi. Un mondo diverso fatto, ad esempio, di autogestione, di cose messe in comune, di conflitti gestiti, di città e scuole a misura di bambino e di bambina, di rabbia e di affetto, di forme nuove di apprendimento e, soprattutto, di cooperazione.

Il vero significato dell’istruzione

Noam Chomsky | Apprendere non significa superare un test. L’istruzione è indagare e creare

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Gianluca Carmosino | Città e bambini: il cambiamento è prima di tutto riappropriazione del tempo

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Antonio Vigilante Per una scuola che sappia riscoprire manualità e contatto con la terra

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Per Goffredo Fofi la crisi globale è soprattutto culturale: idee per disobbedire

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Tags:educare, periferie, Scuola, Spagna

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